Mi sono sempre chiesto come pregasse Gesù insieme ai suoi discepoli. L’evidenza storica mostra che usasse i “Tehillim”, ossia i Salmi. In effetti anche io preferisco utilizzarli perché rendono la mia preghiera più emotiva e partecipata, mentre mi sento poco attratto dal Rosario perché lo sento arido, ripetitivo e noioso. Gli ebrei, oggi come allora, pregano insieme, in catena di unione, in gruppi di almeno 10 uomini. Ritengono che questa sia la dimensione per attrarre lo Spirito Santo, che loro indicano come “luce circostante”. Gesù aveva la sua “decina”, formata da 12 apostoli. Ciascun discepolo rappresentava ciascuna delle tribù di Israele. Per saperne di più ho pensato di intervistare Don Roberto Piemonte, parroco presso la Chiesa del Gesù Risorto a Salerno e della magnifica Chiesa di San Giorgio, nonchè professore di Filosofia presso il Seminario di Salerno.
Buongiorno Don Roberto, sono venuto stamattina in questa splendida location che è la Chiesa di San Giorgio per intervistarla per quanto riguarda i salmi. Potrebbe dirmi che cosa sono, la loro origine, cosa rappresentano per la Chiesa?
“Dire cosa sono i salmi, definirli, è un’operazione alquanto complessa. I salmi sono inseriti dentro la Bibbia, all’interno del filone dei testi poetici e sapienziali. In questo tipo di contesto, potremmo definirli una raccolta di 150 poesie e di preghiere. In realtà i salmi, quando li andiamo a leggere, magari a pregare, notiamo subito che presentano registri diversi, hanno riferimenti variegati. Alcuni rievocano momenti particolari della storia d’Israele, altri invece sono un po’ più generici e attingono più ad un vissuto esistenziale, magari problematico, drammatico, che l’orante inserisce in essi. Per cui cosa sono i salmi? Effettivamente è un’impresa ardua la risposta, proprio perché presentano queste differenze. Inoltre sono stati redatti in epoche diverse, anche molto lontane tra di loro. In primo luogo, i salmi fanno parte di quella che chiamiamo la parola di Dio. Questo è un primo punto fondamentale. Quindi lo stesso Gesù nel Vangelo di Luca quando appare ai discepoli di Emmaus dice -non avete mai sentito di me e di quella che è la mia morte e risurrezione nella legge, nei profeti e nei salmi? -. Quindi lo stesso Gesù ci dà una sorta di chiave interpretativa dicendo che tutta la Sacra Scrittura è orientata verso Cristo. Per cui anche i salmi hanno bisogno di una rilettura cristologica per poterli capire”.

Don Roberto è così vero quello che Lei dice che non posso non ricordare, con emozione, il Salmo 22 che mostra plasticamente l’agonia e la crocifissione di Gesù. Eppure, è stato scritto secoli, se non millenni prima della nascita di Gesù. E’ impressionante davvero,
“Si è così, ma proseguendo oltre sulla definizione di cosa siano i salmi bisogna considerare un terzo aspetto: i salmi sono storia. Storia chiaramente non nel senso antropologico, civile e basta, ma storia intesa come storia della salvezza. Cioè è Dio che entra nella storia, colloquia con l’uomo, parla con l’uomo e l’uomo risponde a questa chiamata. Cosa è che muove l’uomo al dialogo con Dio se non la preghiera, l’invocazione, la supplica, l’intercessione, pregare per, la richiesta di qualcosa, di un favore? Questo è il terzo aspetto, dopo quello cristologico quello cristocentrico. Dove c’è Gesù che prega, ivi c’è il corpo mistico di Cristo che prega. Questa è la visione di Sant’Agostino che è il primo grande commentatore di tutti i 150 salmi. Proprio Sant’Agostino ci può dare una mano nel definire il discorso regato ai salmi. Egli diceche nei salmi è tutta la Chiesa che prega, è tutto il corpo mistico di Cristo, di cui Cristo è il capo, che prega attraverso di lui le preghiere che Dio stesso ha ispirato al popolo”.
Potremmo dire con Hegel che lo spirito corrisponde alla natura, cioè che necessariamente alla fine dei tempi ciò che è in animo dello spirito viene trasformato in razionalità e quindi in realtà?
“Certo, però attenzione, lo spirito hegeliano, come pure l’esserci di Heidegger o il superuomo nietzschiano, sono un ritrovare l’io, l’esserci, all’interno di una comprensione dove é l’uomo stesso a discernerla. Invece il salmo, commentato anche da Agostino, ma nei fatti interpretati giustamente nel contesto della Chiesa, non è un procedimento dialettico dove l’io ritorna a se stesso, ma in realtà è l’io nel proprio sprofondarsi, anche nei drammi o del popolo d’Israele, o di un singolo orante. In realtà c’è l’incontro con un Tu. E’ questo incontro con il Tu che costituisce e realizza poi il volto dell’uomo e mi fa scoprire anche il volto di questo Tu che è Dio poi. Inoltre, il salmo 22 – Dio mio perché mi hai abbandonato- è molto interessante perché al suo interno presenta tutte le caratteristiche della preghiera salmodica e, nel contempo, la fenomenologia dell’orante. Infatti si inizia con – Dio mio perché mi hai abbandonato -, ma poi si conclude con è tutto Israele che chiede questa vicinanza con Dio. Per cui chi è stato abbandonato? È un uomo particolare o è tutto il popolo d’Israele? È chiaro che è nella combinazione di questi due elementi che ne troviamo il senso. In questo gioco l’io, il tu e il noi non vanno mai slegati. Come dire sono dialogo perché la preghiera è dialogo. E’ ritrovare continuamente un tu. E’ un luogo dove l’io, grazie a questo tu ritrovato, acquista anche maggiore consapevolezza di sé e si scopre non essere mai stato abbandonato”.
Perfetto, bellissimo. Adesso però vorrei chiederle questo: la devozione popolare si incentra soprattutto sul rosario. Solo chi è più vicino alla Chiesa usa la liturgia delle ore con i salmi. Come si è originata questa devozione?
“Sicuramente la Chiesa ha spinto sempre entrambe le pratiche, sia i salmi che i rosari. Anticamente i monaci avevano l’abitudine di recitare tutti e 150 i salmi al giorno e forse si resero conto che per il popolo era impossibile. Quindi sostituirono i salmi con gli Ave Maria e Padre il Nostro. Effettivamente i salmi sono 150 ed i misteri, prima della riforma di Giovanni Paolo II, erano 3. Per cui 150 le Ave Maria che corrispondono appunto alla stessa numero dei salmi. E’ interessante il fatto che Giovanni Paolo II,aggiungendo i misteri luminosi, sgancia il santo rosario dal discorso della salmodia. D’altra parte, conferisce al santo rosario una sua propria dignità, una sua rilevanza all’interno della preghiera del popolo cristiano. Il Rosario non solo è la preghiera per eccellenza dedicata alla Madonna, ma come affermava Paolo VI, è il compendio del Vangelo. In definitiva il Rosario va incentivato presso il popolo cristiano ma allo stesso tempo va ancora meglio incentivata la liturgia delle ore. La liturgia delle ore è la modalità attraverso la quale la Chiesa, durante una settimana intera, legge tutti e 150 i salmi. Chiaramente la volontà è quella che tutto il popolo cristiano possa pregare la liturgia delle ore (e quindi i salmi) perché attraverso la liturgia delle ore il cristiano santifica il tempo, donandolo a Dio. Durante la giornata, come il popolo cristiano vive la propria fede? La Chiesa ci fa diventare popolo attraverso le due mense: quella della parola e quella del banchetto eucaristico”.
Perfetto, molto molto bene. Un’ultima domanda. Ci sono dei salmi che hanno una natura “maligna”, cioè i salmi “imprecatori”.Opportunamente la chiesa li ha abbandonati nel senso che nella liturgia delle ore non ricordo di averli visti. La redazione di questi salmi si pone come un errore del popolo di Israele e non ha nulla a che fare con Dio? Questi salmi sono da attribuire quindi unicamente all’animo del popolo ebreo che è sempre stato un popolo abbastanza duro e brutale?”
“Se i salmi sono parola di Dio dalla prima parola all’ultima, dalla Genesi all’Apocalisse è tutto parola di Dio. Allora come giustifichiamo questi salmi? Io direi come giustifichiamo il libro di Giobbe? Come giustifichiamo il Cantico dei Cantici, che è pieno di scene amorose che attingono all’ambiente della letteratura sponsale egiziana e babilonese? Come giustifichiamo il Qoelet che parla del vuoto, del nichilismo? Come giustifichiamo questi libri così forti che sembrano cozzare un po’ con l’idea che abbiamo di Dio, a tratti anche giustamente? Ora abbiamo detto prima che il salmo attinge all’esperienza dell’uomo e quindi l’uomo si può anche arrabbiare con Dio. L’uomo può anche avere sentimenti di risentimento. A tratti anche di odio verso un altro uomo. Per queste emozioni ci sono questi salmi. Diceva anche Sant’Ambrogio, nei slami tu puoi attingere ad ogni tuo stato d’animo. Ti senti male? C’é il salmo che ti rassicura. Ti senti abbandonato? C’è un salmo che ti richiama che Dio non ti abbandona mai. Ci sono salmi per quando tu sei arrabbiato. Ci sono, prendili, perché anche quella rabbia sarà orientata a qualcosa di bello, diventerà preghiera.”
Grazie Don Roberto per il Suo insegnamento. Credo che il materiale che ho raccolto sia sufficiente per comporre il mio articolo. Grazie e buona giornata.