Arte

Massimo Patroni Griffi: l’arte come espressione dell’anima

FORMIA. Massimo Patroni Griffi, un artista che utilizza  luce,  colore e materia per esplorare l’essenza stessa della creatività. In questa intervista, ci svela i segreti del suo mondo, tra passione e ricerca continua.

Massimo Patroni Griffi, pittore, scultore, scenografo, artista eclettico.

Le piace sperimentare con materiali sempre nuovi in ambiti diversi, qual è la ragione?

Noi, come artisti, possiamo essere collocati in determinati -ismi (Impressionismo, Dadaismo) e osservando i miei quadri, per pura coincidenza, si è portati a pensare che anch’io sia relegato in qualcuno di loro. In realtà la mia ricerca è: scavare in un rapporto già esistente tra la fisica quantistica e l’arte.

 

 

La fisica è stata già raccontata da Gesù, da Giordano Bruno; Max Planck, Premio Nobel per la Fisica nel 1918, ha scoperto i Quanti e procedendo nelle sue ricerche fu sempre più certo che la materia fosse energia, energia che noi umani riceviamo e scambiamo. In ambito artistico si può dare un contributo nella ricerca esterna di ciò che caratterizza questo scambio energetico; una spiritualità che indaga il mondo intangibile, quello dell’Essere. Osservando e studiando La notte stellata di Vincent van Gogh (realizzato nel 1889), ad esempio, i fisici notarono dei cerchi concentrici, dei flussi attorno agli astri, confermando che questi esistono realmente. Energia pura che ruota attorno al sole e alle stelle.

La mia non è arte “sociale”: non denuncia miserie o progressi umani, ma cerca di essere vigile tra ciò il visibile e l’invisibile.

Le sue ultime opere uniscono l’astrattismo con il surreale, cosa la spinta verso questa forma d’arte?

 

De Fusco, mio insegnante di storia dell’arte, mi disse per primo che le mie erano creazioni oniriche, di un mondo quasi fantastico.

Nell’opera Mosaico sul mondo in un respiro tra scienza e conoscenza, vivo una ricerca continua in uno spazio di contemplazione; chi guarda questa o le altre mie opere deve sempre assumersi le proprie responsabilità emozionali.

 

Restando in tema di astrattismo, lei tende più a “scomporre” o “ricomporre: confondere lo spettatore scomponendo gli elementi dell’opera o dandone a chi osserva una nuova visione?

 

Cerco di creare qualcosa che non è reale, in modo che il viaggiatore entri in un viaggio assieme a me e noti cose che non percepisce nella realtà, ma che in un quadro vengono esaltate.

Non voglio smarrire né chi è fruitore né potenziale compratore di opere d’arte. L’intento è provocare, invitando a entrare nel proprio sé aggiungendo qualcosa di personale alle mie opere per comprenderle al meglio. Il titolo dell’opera costituisce già una guida verso tale processo cognitivo.

Sono contento delle emozioni che trasmetto; sia che si tratti di piccole o grandi sculture, la traumaticità è egualmente positiva, quasi una catarsi.

 

 

Le sue opere sono state esposte in diverse mostre, sia personali che collettive.

C’è una mostra in particolare che le è rimasta dentro che ha segnato una svolta nel suo percorso artistico?

 

Quello che realmente mi ha segnato è stato il frequentare i grossi studi di artisti.

Dorazio, Rapisarda e tanti altri, dove ho appreso tanto. Ho sempre cercato non solo di girare i musei ma anche di seguire i consigli dei professionisti, anche solo guardandoli lavorare.

Emblema, addirittura, profetizzò che dalla pittura sarei approdato alla scultura.

C’è uno scritto critico di Gabriel Mandel (grande sofista) che racconta come io utilizzassi, a mo’ di codice, “parole” moderne per decifrare e descrivere concetti antichi.

 

 

Sempre parlando di ricordi, mi racconta come è nata l’opera dedicata alla Principessa Grace di Monaco, icona indiscussa, indimenticata di bellezza e stile.

 

La stele l’ho creata in un grande albergo a Gaeta, quando questo era rettorato di preti irlandesi. Scegliemmo questo sito per onorare le origini irlandesi della principessa.  La stele pesa una tonnellata ed è simile a quella che c’è a Monaco. Di struttura moderna e forma trapezoidale, fu inaugurata nel 1995 alla presenza di Carlo di Borbone, dell’Ambasciatore di Monaco e di quello irlandese.

Ho anche creato altre opere a Montecarlo e alcune anche per il G7 a Napoli. Alberto di Monaco nel ‘97 contraccambiò la visita a Napoli e, a Piazza dei Martiri, gli fu donata la Chiave del Sole, in vetro di fusione. Fu un evento che portò alla città un’internazionalità che poi è continuata nel tempo rendendo Napoli ciò che è adesso nel mondo.

Sempre in Campania, ho realizzato il monumento Albero della Legalità, a Casal di Principe. La legalità non fa ruggine, non può essere corrotta. Il monumento è alto 6,20 m. Ad inaugurarlo c’erano il Ministro Maroni, il Presidente Bassolino e diversi esponenti delle forze dell’ordine.

 

Come riesce a conciliare le diverse sue anime e come si influenzano a vicenda?

 

Non c’è influenza. Se parto per esprimermi so già cosa usare: dalla tecnica in pittura, al tipo di marmo in scultura. Vado dritto per la mia strada.

Mi diverto molto anche a realizzare affreschi a strappo con calcificazioni di intonaci e crepe, una cosa più decorativa che artistica. Però non devio mai.

Materiali e tecnica sono già previsti e considerati.

 

 

C’è un ambito artistico in cui vorrebbe sperimentare ulteriormente o un tema che le sta particolarmente a cuore e che ancora non ha sfiorato attraverso la sua arte?

 

Ho il sogno di realizzare un’opera grande su un’autostrada, magari una scultura che non solo decori, ma che, senza distrarre chi guida, dia un senso a quel determinato contesto. Qualcosa che in un certo senso avvolga il paesaggio. Potrebbe essere un monumento che ricordi un evento particolare, o semplicemente un qualcosa che sta lì a commentare il contesto paesaggistico che le sta intorno.

 

Qual è il ruolo dell’artista oggi? Insegna, racconta, ricorda?

 

Anche in ambito artistico esistono ci sono segnalazioni e raccomandazioni, che possono spingere chi non vale, a discapito di chi magari vale di più. L’artista vero è un guerriero leale che sa quello che vuole, sacrifica la sua vita (come ho fatto io) per l’arte e che possiede un’introspezione onesta e sincera. Solo così egli può riconoscere e gestire il fuoco sacro dell’arte che ha dentro. Con tali premesse, prima o poi questo artista verrà scoperto da qualcuno e la sua arte verrà riconosciuta.

Il mio motto è:

Nei codici della pazzia c’è la pazzia della ragione

Ed è una pazzia “sana”, che impiega energie per creare, trasformare e interpretare la realtà, l’universo che ci circonda e che è anche dentro di noi.

L’invisibile col visibile, l’impercettibile con le proprie sensazioni.

Bisogna essere allegri, ottimisti e fiduciosi e avere sempre la forza interiore per percepire il sole anche nel buio più profondo e totale.

stampa

di Marianna Addesso

Marianna Addesso

Leave a Comment

Articoli recenti

Addio a monsignor Pierro

Addio a Monsignor Pierro La comunità ecclesiale salernitana si stringe nel dolore per la scomparsa…

3 ore fa

Un caffè con Costantino Catena

Un caffè con il maestro Costantino Catena, pianista di fama internazionale e raffinato interprete di musica…

3 ore fa

La nostra preghiera per Papa Francesco

La nostra preghiera per Papa Francesco La preghiera solitaria per tutti noi  Ci sono immagini…

16 ore fa

Franco Mari: “Questo governo é contro i lavoratori”

Franco Mari: "Questo governo é contro i lavoratori" Lunedì 24 febbraio alle ore 18.00, nel…

3 giorni fa

Premio Orchidea d’Argento: dalla XIV edizione un riconoscimento speciale alla memoria di Angelo Raffaele Amelio

La 14esima edizione del Premio giornalistico Orchidea d'Argento, prestigioso riconoscimento dedicato all’eccellenza nel mondo dell’informazione,…

3 giorni fa

Università e solitudine, l’invisibile dramma

Università e solitudine, l'invisibile dramma Cosa resta di un giovane o di una giovane che…

3 giorni fa