Categorie: L'editoriale

Il viaggio in America, alla scoperta di me stessa

Il viaggio che mi ha restituito me stessa

Mi chiamo Ornella Trotta e sono una giornalista. Una parola che, in Italia, sembra spesso pesare come un macigno, soprattutto se non hai amici influenti o santi protettori pronti a spianarti la strada. Per anni ho sentito il peso di porte chiuse in faccia, di colloqui che finivano in sorrisi di circostanza e silenzi imbarazzati. Pensavo fosse colpa mia. Pensavo di essere io il problema, con la mia voglia di raccontare il mondo senza compromessi.

Parto per l’America

Il bello è che un giorno, ho deciso di partire. Un viaggio, per presentare il mio giornale alle comunità Italo-americane. L’America mi aspettava dall’altra parte dell’oceano, con i suoi grattacieli arroganti e le sue strade infinite. Non avevo grandi aspettative, solo il desiderio di respirare aria diversa, di vedere se oltre i confini c’era un posto per me.

Due importanti offerte di lavoro

E lì, in quel caos di lingue e volti, è successo qualcosa di incredibile. Nel giro di poche ore, due offerte mi hanno colpita come fulmini a ciel sereno. Una cattedra per insegnare latino in un college, con un compenso che superava i 90.000 dollari l’anno. E poteva crescere ancora. Poi, una redazione: America Oggi, un quotidiano per la comunità italiana, che mi voleva come redattrice. Due proposte vere, concrete, senza intermediari, senza richieste di favori o curriculum da far passare per mani amiche.

Un pranzo che insegna l’uguaglianza

Il ricordo più vivo e significativo è legato alla cucina del più grande quotidiano in lingua italiana degli States, America Oggi.

Il direttore editoriale, Domenico Delli Carpini volle farmi un colloquio. In realtà fu una lunga conversazione. Poi mi invitó a pranzo. Mi disse: “Oggi pasta De Cecco e ceci italiani. Resti con noi?”Una cucina semplice, ma piena di umanità, dove il direttore editoriale, i giornalisti e il personale tutto siedono allo stesso tavolo per condividere lo stesso pasto. Non ci sono gerarchie, né privilegi: si pranza insieme e, finito il pranzo, ognuno pulisce ciò che ha sporcato.

America Oggi, la cucina

Non ci sono capi né inservienti, solo persone che si rispettano

Quella cucina è stata per me una lezione di uguaglianza, di rispetto reciproco e di dignità.

Un piatto di pasta e ceci illuminante. In Italia, un ambiente così sarebbe quasi inconcepibile. Da noi, troppo spesso, le carriere si costruiscono a fatica, combattendo contro baroni e plenipotenziari.

Il sogno americano

In quella cucina ho visto la genuinità, la semplicità e il rispetto per il lavoro di ognuno, le basi per creare un clima di vera collaborazione, dove il valore umano conta più di ogni titolo. Ho scoperto un modo diverso di essere italiani: orgogliosi delle proprie radici, ma capaci di abbracciare l’essenza del sogno americano, dove tutti hanno la possibilità di essere ascoltati e apprezzati per ciò che fanno, non per chi conoscono.

Quel pranzo, nella sua normalità, mi ha insegnato più di tante esperienze passate. Mi ha mostrato che l’uguaglianza non è un’utopia, ma qualcosa di concreto che si può costruire giorno per giorno.

Lì ho capito me stessa e l’Italia

Lì, in quei luoghi lontani – New York, il New Jersey – ho capito che non ero io a essere sbagliata. Non erano sbagliati i miei sogni, il mio impegno, la mia tenacia. Era l’Italia. Era il nostro Paese con le sue logiche viziate, con quella ragnatela di invidia e clientele che avvolge chiunque voglia emergere solo per merito.

Vinse l’amore materno

Mio figlio era in Italia, il mio piccolo. Ogni sua risata, ogni suo sguardo, mi chiamava più forte di qualsiasi carriera, di qualsiasi stipendio stellare. Così ho deciso di tornare. Non perché non amassi ciò che l’America mi aveva offerto, ma perché la maternità, quel vincolo dolce e crudele, mi richiamava alle radici.

Non sono io il problema

Eppure, quel viaggio ha cambiato tutto. Mi ha restituito una consapevolezza che nessuno potrà più togliermi: non sono io il problema. Non lo sono mai stata. Ho trovato conferma del mio valore tra persone che non mi conoscevano, che non sapevano nulla di me e che pure hanno riconosciuto ciò che il mio Paese non ha mai voluto vedere. Sono tornata, non senza dolore. Perché vivere in Italia significa ancora accettare compromessi, sopportare un sistema che premia chi sa genuflettersi. Ma sono cambiata. So che non devo niente a nessuno. So che non è la mia voce a essere stonata, ma il coro a cui mi rifiuto di unirmi.

La luce dentro più forte delle ingiustizie

E, forse, in questa consapevolezza c’è una piccola vittoria. Non per me sola, ma per tutte quelle donne e quegli uomini che, in silenzio, cercano il loro posto in un Paese che li respinge. A loro voglio dire: non lasciate che vi facciano credere di essere sbagliati. Non siete voi il problema. Lo capirai, un giorno, forse in viaggio, quando il mondo ti restituirà quello che l’Italia ti ha tolto. E in quel momento, il valore che hai dentro brillerà più forte di qualsiasi ingiustizia.

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di Ornella Trotta

Ornella Trotta

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