Il dovere della memoria, mai più buio nella storia dell’umanità
Oggi, 27 gennaio, il mondo intero si ferma per la Giornata della Memoria, un giorno che ci obbliga a ricordare uno degli abissi più bui della storia dell’umanità. la Shoah. Ci obbliga.
Sei milioni di ebrei, insieme a rom, sinti, omosessuali, disabili, dissidenti politici e altre minoranze, furono sterminati dai nazisti. Il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche liberarono Auschwitz-Birkenau, portando alla luce il vero volto di quell’orrore: camere a gas, forni crematori, montagne di scarpe e valigie abbandonate, silenzi che urlano ancora.
Sei milioni di vite spezzate. Un milione e mezzo di bambini che non hanno mai avuto la possibilità di crescere. Intere famiglie cancellate, sogni infranti. Numeri che tolgono il fiato, ma che non bastano a raccontare la tragedia. Dietro quei numeri c’erano volti, nomi, storie. Come quella di Anna Frank, che ho scoperto per la prima volta grazie al mio maestro. Fu lui a mettere nostre mani bambine il Diario di Anna Frank, e quelle pagine cambiarono per sempre il nostro e il mio modo di vedere il mondo. Sentii il peso della tragedia, non come un fatto lontano, ma come una ferita vicina e umana.
Da questa finestra nel settembre 1943 circa cento internati ebrei fuggirono verso il santuario di Madonna d’Avigliano, li sostenne la comunità locale.
Scrivo queste righe da Campagna, un luogo che durante la Seconda Guerra Mondiale fu teatro di una storia di coraggio e solidarietà. Qui, gli ebrei internati nei campi di detenzione furono salvati grazie all’umanità della popolazione. È una storia che ho avuto l’onore di raccontare ascoltandola dalla voce di chi l’ha vissuta. Tra loro, lo storico Rubino Luongo, testimone e custode della memoria di quei giorni straordinari.
E’ pomeriggio inoltrato, le celebrazioni di questa giornata si stanno concludendo. Ma dentro di me risuonano le parole di Anna Frank: “Nonostante tutto, io credo ancora nella bontà dell’uomo”. Penso ai testimoni che ho incontrato, alle loro storie di resistenza e di umanità, e mi chiedo: stiamo facendo abbastanza per essere degni di quella speranza?
Di straordinaria umanità furono le azioni del vescovo Giuseppe Maria Palatucci e del nipote Giovanni Palatucci, questore di Fiume.
Mentre il mondo era dilaniato da persecuzione e deportazioni, i due uomini, si distinsero per coraggio e la determinazione nel salvare la vita di centinaia di persone.
Ricordare oggi non è solo un omaggio al passato. È un imperativo per il presente e il futuro. L’odio, il razzismo e l’indifferenza non sono scomparsi. Continuano a strisciare, a insinuarsi nei gesti e nei silenzi. Ecco perché la memoria deve diventare azione, resistenza quotidiana.
Pensiamo ai bambini. A quel milione e mezzo di piccoli ebrei che non hanno avuto il tempo di crescere. Alle risate spezzate, ai sogni mai realizzati. Pensiamo ai sopravvissuti, che con il coraggio delle loro testimonianze ci hanno affidato la responsabilità di ricordare.
“Mai più” non può essere solo una frase di circostanza. Deve essere il nostro faro. Da Campagna, dove l’umanità ha trionfato sulla barbarie, voglio dire che ricordare non è solo un atto di rispetto verso le vittime. È un atto di resistenza, un modo per restare umani.
Solo ricordando possiamo costruire un futuro in cui davvero, mai più, l’umanità si volti dall’altra parte.
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