Separazione delle carriere: una riforma complessa ma necessaria
La proposta di separare le carriere dei magistrati inquirenti e giudicanti è da tempo al centro del dibattito italiano.
“Una riforma che – osserva Pasquale Errico, alto dirigente della Polizia di Stato e già questore della Provincia di Salerno – comportando una modifica della Costituzione va disciplinata con una legge costituzionale, per la cui emanazione è prevista una particolare procedura detta ‘aggravata’ perché più complessa rispetto alla procedura prevista per l’emanazione di una legge ordinaria”.
“L’art. 138 della Costituzione – continua Errico- prevede una doppia approvazione da parte di ciascuna Camera, a una distanza non minore di tre mesi tra l’una e l’altra, per consentire ai votanti una giusta pausa di riflessione”.
Il bello é che si tratta di un meccanismo volto a garantire ponderazione e trasparenza e costituisce il cuore del processo di modifica costituzionale.
“Con la doppia approvazione la legge costituzionale è approvata se nelle due votazioni riporta la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera e, nel caso in cui venga raggiunta la maggioranza qualificata dei due terzi nella seconda votazione non si farà luogo a referendum”.
Qualora la maggioranza qualificata non venga raggiunta, “è prevista la possibilità di sottoporre la legge costituzionale a referendum popolare approvativo, ma solo se entro tre mesi dalla pubblicazione della legge ne facciano richiesta un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”. Questo meccanismo rappresenta un ulteriore strumento democratico per coinvolgere i cittadini su questioni di rilevanza costituzionale.
La necessità del consenso trasversale é un punto cruciale: “Sottende alla previsione di questa maggioranza qualificata un’inevitabile imposizione alle forze di governo di ricercare anche il consenso delle minoranze parlamentari di opposizione”.
La separazione delle carriere, quindi, non può essere attuata unilateralmente, ma richiede un dialogo aperto e costruttivo tra le varie forze politiche.
La riforma punta a rafforzare l’imparzialità del giudice, garantendo una netta distinzione tra chi accusa e chi giudica.
Attualmente, magistrati inquirenti e giudicanti appartengono alla stessa carriera e sono governati dagli stessi organismi. Questa peculiarità, secondo molti esperti, può sollevare dubbi sull’effettiva neutralità del sistema giudiziario.
Separare le carriere permetterebbe di superare la criticità e di allineare l’Italia agli standard di molte democrazie occidentali.
“La riforma rappresenta un banco di prova non solo tecnico, ma politico, per rafforzare la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario”.
“La giustizia – conclude Errico – è un pilastro dello Stato di diritto, e ogni riforma che la riguarda deve essere affrontata con responsabilità e condivisione”.
Il percorso per attuare la separazione delle carriere è certamente complesso, ma la sua importanza rende indispensabile un approccio che tenga conto delle diverse sensibilità politiche e delle esigenze di trasparenza e imparzialità.
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