di Egidio Marchetti

La recente polemica circa il paventato accordo tra lo Stato italiano e la Starlynk di Elon Musk per una fornitura di sistemi di sicurezza nelle telecomunicazioni, merita una riflessione.

L’Italia già negli anni ’90 decise di vendere il controllo totale della rete di telecomunicazione pubblica, posseduta dalla Telecom, ai “capitani coraggiosi” di d’alemiana memoria, dopo il primo timido ingresso di un gruppo di investitori tra i quali c’era la partecipazione anche della famiglia Agnelli.
Con vari passaggi di proprietà, scalate in Borsa, fatte ricorrendo all’ indebitamento dai vari Colanninno, Gnutti & C, il gruppo Telecom passò a Tronchetti Provera, il quale non riuscì a diminuire i debiti della compagnia, fino a cederlo ad una cordata, la Telco, controllata dagli spagnoli di Telefonica, per poi finire in questi ultimi mesi nelle mani degli americani di KKR, unico caso in Europa di una rete telefonica fissa nazionale ceduta ad un fondo estero.
Il bilancio di questa privatizzazione, come tante altre, è stato sicuramente disastroso, sia per l’arretramento delle posizioni sul mercato di questa gloriosa azienda, un tempo la terza al Mondo, mentre oggi non è nemmeno tra le prime dieci società telefoniche…
Che dire poi se nemmeno il vituperato Benito Mussolini durante il Ventennio volle cedere la vecchia SIP (in origine Società Idroelettrica Piemontese) ai privati che bussavano al portone di Palazzo Venezia? Proprio così, i vari Agnelli, Pirelli etc provarono a chiedere al Duce di acquisire la neonata compagnia piemontese, senza riuscirci.

Non è quel Fascismo a fare paura oggi, quanto una nuova ideologia padronale che tenta di sostituire (e ci riesce spesso!) lo Stato nelle sue funzioni strategiche.
Un fenomeno che parte da lontano, prima con la “deregulation” e le privatizzazioni, poi con la demolizione dei partiti politici e delle ideologie che hanno costituito i pilastri della democrazia moderna.
Decenni di ricette ultraliberiste hanno spazzato via tutti gli ostacoli, creando i presupposti per un ingresso prepotente delle grandi corporation nei gangli vitali dell’economia e degli stati sovrani.
Forse oggi lo fanno in modo più sfrontato ed arrogante, senza nascondersi dietro la maschera del lobbismo di un George Soros, quanto attraverso personaggi discutibili ed inquietanti, non solo per una politica “arruffona e spettinata” dei vari Trump e Milei, ma per il messaggio demolitorio sul ruolo dello Stato e sull’equilibrio dei poteri.

Viene da chiedersi come questi possano avere più consenso popolare, proprio tra i ceti meno abbienti, negli Usa, in Argentina ed in Europa, ieri con Berlusconi, oggi con Trump e domani con un visionario come Musk.
Molto semplicemente per il fallimento delle politiche di questi ultimi 30 anni, di chi ha affamato il ceto medio, allargando le fasce di povertà, distruggendo lo stato sociale e, addirittura, la speranza che la politica possa servire a qualcosa.

Non ci sono altre chiavi di lettura rispetto ad un quadro preoccupante, dove le basi della convivenza democratica sono messe in discussione ogni giorno dalla presenza opprimente di oligarchie che non si accontentano di aver vinto nei settori dell’economia, ma dettano legge anche nelle istituzioni pubbliche.

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