Cultura

Rabbini da tutto il mondo alla ricerca dell’agrume perfetto: il cedro di Calabria

Per i rabbini è “il frutto dell’albero più bello”, per i coltivatori dell’Alto Tirreno Cosentino il prodotto di eccellenza della loro terra. Il cedro di Calabria è indubbiamente l’oro verde della regione.

Ma cosa lega questo agrume alla cultura ebraica? E perché è considerato così prezioso?

 

foto di Mariana Cavallone

 

Per saperne di più abbiamo fatto tappa a Santa Maria del Cedro, in provincia di Cosenza, dove sorge lo storico Museo del Cedro.

Ideato e gestito dal Consorzio del Cedro di Calabria, il museo ha sede a Palazzo Marino, un maestoso edificio del XVI secolo, conosciuto anche come ex “Carcere dell’Impresa”.

 

Foto di Mariana Cavallone

 

Il Palazzo era inizialmente utilizzato come opificio, nel quale si coltivava e produceva la cannamela.

«La denominazione più recente di “Carcere dell’Impresa” ricorda il lavoro di contadini o detenuti costretti a raccogliere le olive e a produrne l’olio» spiega la guida che ci accoglie al primo piano.

 

Il cedro di Calabria e la cerimonia del Sukkot

 

Ogni estate, rabbini provenienti da tutto il mondo giungono nella Riviera dei Cedri alla scoperta del cedro perfetto, qui coltivato nella pregiata varietà Liscia Diamante. L’agrume sarà utilizzato in autunno in occasione della Festa delle Capanne, che si svolgerà dal 16 al 23 ottobre.

Il Sukkot – questo il nome ebraico della ricorrenza – vuole ricordare il viaggio compiuto dal popolo ebraico nel deserto dall’Egitto alla terra d’Israele. Un lungo periodo durante il quale i pellegrini vissero nelle capanne (sukkah).

 

Foto di Mariana Cavallone

 

Durante le celebrazioni, i partecipanti devono tenere in una mano il lulav, ossia un fascio composto da rami di mirto, salice e palma, e nell’altra il cedro.

Secondo i principi della Torah, il cedro utilizzato durante il rituale non dovrà derivare da innesti, ma essere puro; dovrà avere, inoltre, una buccia liscia, priva di macchie e di graffi.

 

L’oro verde della Calabria

 

Sono gli stessi rabbini ad assicurarsi che l’agrume in questione sia perfetto, ispezionando ogni cedro con una lente di ingrandimento.

I cedricoltori locali, da canto loro, si impegnano a salvaguardarne l’aspetto, attraverso la tecnica del graticcio, che protegge i frutti sia dal vento invernale che dai raggi solari.

 

La cedricoltura –
Foto di Mariana Cavallone

 

L’acquisto, invece, avviene per singolo frutto. Data la solennità dell’occasione in cui sarà utilizzato, i rabbini sono disposti a pagare ogni cedro dai 15 ai 40 euro.

«Una volta scelti e imballati con estrema cura, i cedri verranno spediti nelle sinagoghe e nelle comunità ebraiche di tutto il mondo» confermano due rabbini che incrociamo durante la nostra visita al museo.

Ma perché scegliere proprio il cedro?

 

Il frutto dell’albero più bello

 

La raccolta dell’agrume, che nella Riviera dei cedri ha trovato il suo microclima ideale, ha origini antichissime. Già Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis historia, parlava di citrus medica.

«Nell’Antico Testamento – ci spiega la nostra guida – il cedro (etrog in ebraico) compare ben 70 volte e viene definito Perì ‘etz hadar, ossia il frutto dell’albero più bello».

 

Foto di Mariana Cavallone

 

I primi commentatori della Bibbia avanzarono, dunque, l’ipotesi che si trattasse del frutto dei Giardini dell’Eden. Non una mela dunque, ma un cedro.

«Soltanto secoli dopo gli studiosi pensarono alla mela e ciò a causa dell’omonimia presente nella lingua latina per cui il termine malum significa sia “male” che “mela”» continua la guida.

 

Il Cedro Liscia Diamante nella cucina e nella cosmesi

 

La visita guidata prosegue con la degustazione di alcuni prodotti a base di cedro. Dai canditi alle marmellate, dai liquori all’olio, fino ad arrivare alla rinfrescante cedrata.

La Liscia Diamante è una varietà dalla polpa molto scarna, quindi è dalla buccia che si ricava la maggior parte dei prodotti.

Delicata e profumatissima è, infine, la linea di cosmesi naturale, che proviamo a conclusione del nostro percorso.

 

Foto di Mariana Cavallone
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di Mariana Cavallone

Mariana Cavallone

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