di Angelo Andriuolo
Succede a Teggiano, un piccolo comune in provincia di Salerno, dove, grazie ad una deliberazione della giunta municipale ed alla condivisione della dirigente scolastica Maria D’Alessio dell’Istituto Comprensivo Statale, il dialetto ritorna tra i banchi di scuola.
Ideato da Vincenzo Andriuolo – autore di studi scientifici sulla lingua locale e responsabile del progetto – e forte del successo ottenuto due anni fa, il progetto “Alla riscoperta delle radici. La lingua di Diano, veicolo della cultura degli avi” porterà i ragazzi del primo e del secondo anno della Scuola Secondaria di Primo Grado a intraprendere un viaggio alla riscoperta di un mondo che rischia l’oblio sebbene profondamente radicato negli usi e nei costumi del luogo, con l’obiettivo di assicurare la sopravvivenza del dialetto di Teggiano (“Riànu” nel vernacolo locale), che ne è specchio e veicolo, e al quale è riconosciuta la dignità di “Lingua romanza”.
Il corso, come riportato nella scheda di progetto, spazierà dalla sintassi alla fonetica, utilizzando come strumento principale le favole, le fiabe e le poesie amorose della tradizione orale; il percorso si concluderà con un saggio di fine anno (ovviamente in “rianèsu”).
Per questo motivo, venerdì 11 Ottobre scorso, presso la sede scolastica in Piedimonte di Teggiano, ha avuto luogo un incontro tra il responsabile del progetto e i docenti di lingua italiana Antonia Di Salvo, Angela Moreno, Paola Potignano, Rosalba De Martino e Michelina Di Mieri, per definire il calendario delle lezioni nonché la metodologia ed il loro contenuto, anche nella ottica di creare una sinergia tra l’insegnamento dell’italiano e del dialetto, in modo da facilitare il processo di apprendimento.
Il bello é che alla fine dell’ incontro, Cono Cimino – poeta locale, che affiancherà il responsabile del progetto, occupandosi della dizione e della recitazione –, sollecitato in proposito, ha affermato che “… consegnare la lingua dei nostri avi alle nuove generazioni significa far loro conoscere una musicalità, un ritmo, un immaginario che altrimenti andrebbero persi, in un mondo frenetico che si sta sempre più allontanando da quella cultura contadina che li ha generati e nella quale affondano le nostre radici”.
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