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Milena Palminteri: “Nella scrittura trovo la felicità”

Milena Palminteri: “Nella scrittura trovo la felicità”

 

Milena Palminteri é una scrittrice agli inizi della carriera che, da giugno, è all’apice del successo.

Palermitana di nascita, salernitana d’adozione, ha esordito a giugno con il romanzo Come l’arancio amaro, Bompiani editore, l’opera é terza nelle classifiche di vendite.

Una storia di donne, non intenzionalmente femminista.

L’autrice è una simpatica signora di settantacinque anni che, cinque anni fa, smessi gli abiti dell’archivista notarile, ha abbracciato la scrittura.

Milena Palminteri ha due figli, Alberto e Riccardo. Quando li racconta si illumina, come tutte le mamme.

Oggi é una donna di successo, ma il successo più grande é aver creduto in se stessa e nella sua passione.

“Attribuisco poca importanza a queste cose – osserva – quello che mi ha sconvolto è il riscontro affettivo, le persone che vengono alle mie presentazioni”.

Quanta fatica c’é nella scrittura?

“Sto leggendo un libro di Rosa Montero, autrice che ho conosciuto al corso di Antonella Cilento, “La pazza di casa” che indicava tutte le difficoltà che una donna incontra ogni volta che vuole mettersi a scrivere. Perché per noi donne c’é sempre tanto da fare prima. Tutta roba che ci mettiamo davanti per autosabotarci”.

E’ un’opera femminista?

“No, non è nata con quell’intento anche perché non credo che ci sia un periodo particolarmente femminista. Sono secoli che la donna cerca di mostrare di avere le medesime qualità, le medesime forze di un uomo. Andiamo ai Greci, ai Romani e già lì troviamo donne in gamba”.

Parliamo di “Come l’arancio amaro”

“E’ la storia di tre donne che vogliono vivere secondo i propri desideri. Tutte noi abbiamo cercato di vivere secondo i nostri desideri, però ci siamo sempre scontrate con la cultura patriarcale. A volte ci siamo scontrate anche con noi stesse. Viviamo il tempo come una colpa”.

Prima o poi ci libereremo?

“Sicuramente, ma con i tempi dovuti, ma i tempi sono strani, un po’ vanno avanti e un po’ tornano indietro. E non credo che il ritorno sia ascrivibile alla diversa percezione dell’uomo, i tempi che viviamo sono violenti. E poi noi fisicamente siamo le più deboli, su questo non c’è da discutere. Noi donne, per natura, non abbiamo mai il senso della sopraffazione, cerchiamo sempre il compromesso, siamo vita”.

Perché hai scritto questo romanzo?

“Ci sono state delle spinte, ho fatto il laboratorio con Antonella Cilento, il laboratorio si concludeva sempre con una libera scrittura che poteva riguardare me persona. Ma non l”ho mai fatto, Antonella dice che ho un censore fortissimo dentro di me”.

Su quali autori ti sei formata?

“I siciliani, tutti, a cominciare da Verga, Pirandello, Brancati. Consolo e Bufalino sono i miei preferiti, ma anche Sciascia”.

A luglio la presentazione a Sciacca, sua città d’adozione

“La cosa che mi ha fatto maggiormente piacere è stato ricevere i ringraziamenti per aver dato visibilità alla città, una visibilità che prima non aveva. Per me questo è stato il complimento più bello e più grande”.

Vive a Salerno da molti anni

“Salerno, mi ha ignorata. La prima intervista che ho avuto è stata quella di Monica Trotta. Il libro è uscito a giugno, Monica mi ha scoperta adesso”.

Nel tour siciliano ha fatto tappa a Palermo dove ha ritrovato una sua compagna d’asilo

“Mi ha scioccata. Immagina cosa é stata questa discesa in Sicilia per me. Mi hanno cercata tutti, quelli che mi ricordavano e quelli che non mi ricordavano”.

Il successo un po’ le ha cambiato la vita

“Ho un’altra vita, ovviamente, oltre a quella della scrittrice, chiamiamola scrittrice. Una vita piena perché la famiglia mi ruba tutte le energie. Si tratta di impegni di natura assolutamente casalinga perché con mio marito non abbiamo una vita sociale”.

Qual é il personaggio del romanzo che ti piace di più?

“E’ difficile dirlo perché ci sono io un po’ dovunque, anche nei personaggi maschili. Quello che a me é più vicino é lo Zi’ Pippino, il non parente di nessuno, ma il quasi parente di tutti che tira le fila delle vite delle tre donne. Lo troviamo nel 1924 e lo troviamo nel 1960. E’ un uomo apparentemente appartenente al suo secolo, per lui la donna é deputata a stare in casa, a curare, ad assistere. Ma le guarda con un occhio diverso, amorevole. Si sente colui che deve proteggerle, non sfruttarle, non diminuirle”.

L’uomo ideale anche in un contesto patriarcale?

“Impedisce a Carlotta di raggiungere il suo fine, ma sempre con affettuosità.

Il bello é che Carlotta vuole fare l’avvocato, lo Zì Pippino é avvocato. Lei é vissuta con questa figura maschile che non le é né padre né zio né parente. Lo Zì Pippino ne sente la responsabilità perché, a suo tempo, il suo unico amore era stato proprio la nonna di Carlotta”.

C’é un segreto di famiglia?

“E’ un segreto che, improvvisamente, Carlotta scopre, ma ormai non ha più nessuno che possa avvalorare la sua ricerca e lo Zì Pippino preferisce continuare nella menzogna piuttosto che farle capire lei di chi é, realmente, figlia. Omertoso per affetto”.

Zì Pippino somiglia a un uomo della tua vita?

“Pensavo che avesse qualcosa di mio padre, in realtà lo volevo un po’ diverso. Anche lui aveva stima assoluta nei confronti delle donne, ma é come se ci credesse rimanendo ancorato alla situazione precedente. Era proiettato al futuro, ma sempre con un’ipoteca sopra. Papà alla fine, comunque, me le ha tarpate le ali e poi ho un fratello maschio. Abbiamo lottato entrambi per avere l’attenzione”.

La tua famiglia come ha reagito al successo?

“Tocchiamo un tasto dolentissimo perché mio marito, in tutti questi cinque anni, quando ha potuto ostacolarmi l’ha fatto. Non si é mai interessato al mio lavoro, mi sfotticchiava, mi chiedeva: quando porti i piccioli a casa?”

E tu l’hai smentito

“La cosa strana della scrittura é che a un certo punto non ti interessa proprio quale sarà il risultato. Quando sto lì su tutto il resto cala un sipario. Sono felice di poter manovrare le parole. Il tempo passato a scrivere é stato il più felice della mia vita. Ho lavorato tanto, ho sudato tanto, su una pagina a volte ci stavo un pomeriggio intero  e poi il giorno dopo non mi piaceva più e la rifacevo. Adesso capisci i miei cinque anni di ricerca. I miei figli, invece, sono stati orgogliosi e partecipi.  Non me l’aspettavo perché sono sempre stata una madre accudente e rompiballe”.

Sei ottimista?

“Si, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Non ho mai pensato alle cose cattive, alle cose buone, mi sono sempre  buttata come se tutti fossero buonissimi, ma é andata bene”

Adesso che sei una scrittrice famosa che progetti hai per il futuro?

“Tutto dipende dall’età, ma la vita vale la pena, comunque, di essere vissuta senza viltà. Quando mi do mi do interamente perché imparerai a gioire tanto quanto imparerai ad avere dolore. Non riuscirai a gioire se non sai che cos’é il dolore.

Quanto al libro vorrei che camminasse da solo. E poi adesso voglio pensare ad altro, ho già il desiderio di scrivere. Per me scrivere é stare con me stessa, é cercare di dare qualcosa e voglio farlo al meglio”.

 

Milena Palminteri: “Nella scrittura trovo la felicità”

 

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di Ornella Trotta

Ornella Trotta

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