Eugenio Bennato è tornato a farci sognare con il suo inconfondibile stile, portando il suo “Vento Popolare” fino a Caggiano. In attesa del nuovo album, in uscita in autunno, ho incontrato il maestro per parlare del singolo Musica del mondo, un inno alla diversità e all’universalità della musica, che ben rappresenta il percorso artistico di un artista che da sempre guarda oltre i confini nazionali.
Come sempre. Da quando ho iniziato, soprattutto dopo Taranta Power (1998), quando ho scritto Che il Mediterraneo sia (Anni 2000), già c’era un inizio di collaborazione con volti di altre sponde del Mediterraneo, in particolare il Marocco e la Tunisia.
L’ultimo incontro, con gli Yar Mohammad Group in India, mi ha portato a comporre ‘Musica del mondo’ e a vivere un’esperienza davvero unica. La mattina dopo averli conosciuti, eravamo in sala e io sono tornato dall’India con questo prezioso carico di voci che si fondevano perfettamente con le mie idee musicali.
Il senso di ‘Musica del mondo’ è proprio questo: in un periodo così difficile, dove prevalgono le lotte tra potenti, la musica popolare diventa il potere del popolo che dialoga. La musica popolare ci appare come un piccolo miracolo: è la capacità, per i popoli distanti, di comunicare tra di loro, di intendersi.
Nel disco si possono trovare anche altre sonorità mediterranee, frutto del mio percorso nella musica popolare del Sud, che mi ha portato a comporre brani nuovi e a scoprire le affinità tra le musiche di tutto il mondo. Per questo, nelle mie canzoni, risuonano sempre echi di culture e di orizzonti lontani che però ci sono spiritualmente affini.
Sì, infatti lo scrissi anche nell’intro di una canzone:
“Nineteen ninety-eight, tarantella power is up to date”
per non rischiare di dimenticare – ride – la nascita di questa nuova fase, in cui i ragazzi e le ragazze del sud riscoprono la loro identità e rendono l’Italia presente nella Word Music.
Con la Nuova Compagnia di Canto Popolare facemmo sicuramente qualcosa di straordinario e di spiazzante. Per la prima volta, un gruppo di giovani, rispondeva alla moda della musica Pop dell’epoca con delle sonorità diverse. In qualche modo noi seguivamo non un’idea intellettuale, ma il filo delle cose che ci piacevano.
Continuo a dire, ancora oggi, che la sonorità della chitarra battente che era presente in quegli anni anche nella nostra regione, ci portava ad una dimensione musicale nuova, distinta.
Andavamo spesso in Puglia, a Carpino (“Carpino è un paese noto nell’ambito dell’etnomusicologia perché la musica tradizionale popolare, di origini antichissime, si è conservata fino ad oggi, grazie soprattutto all’opera dei suonatori di chitarra battente” – fonte Wikipedia. ndr), perché quella musica ci affascinava, ci conquistava e volevamo assaporarne ogni nota.
Continuo a girare per tutte le regioni del sud per ritrovare le radici di una musica che rischiava di perdersi per sempre. E, in qualche modo, contribuiamo a perpetuarne il ricordo.
Ci si accosta perché la sonorità resta coerente con il punto di partenza. Da compositore mi accorgo di avere uno stile che mi ricollega a tutti i Sud del mondo. Però poi, inevitabilmente, gli argomenti slittano verso nuove dimensioni. L’ultimo è appunto la musica del mondo: è la speranza che sia la musica a indirizzare l’umanità verso sentieri meno incredibili, meno imbarazzanti di quelli a cui assistiamo quotidianamente.
C’è poi il problema della migrazione, che è un problema che va assolutamente risolto con l’aiuto di organizzazioni ad hoc. Non voglio entrare nel merito della questione, però bisogna certamente ricordare che il mondo va avanti per contaminazione. Basti pensare a ciò che accadde negli Stati Uniti nel corso ‘900, quando la cultura afroamericana, dalle catene, è riuscita a creare una nuova dimensione artistica, che si materializza nell’esplosione del Rock, del Jazz, del Blues.
Penso che anche in Italia, l’apporto artistico che possono dare gli extracomunitari presenti sia assolutamente positivo.
È una domanda difficile! Le cose migliori nascono quando la parola acquista una dimensione musicale che si lega a quel ritmo, a quella armonia. Faccio un esempio: ero in motorino sul Lungomare di Napoli e vidi su un cartello pubblicitario la parola “Mediterraneo”. Mi scattò subito “Che il Mediterraneo sia…”, ed era tutto lì! Il Mediterraneo veniva, per la prima volta, preso in considerazione dalla musica come qualcosa di poetico, di affascinante, di storico e di importante.
La perfezione è quando nascono contemporaneamente l’immagine, legata il testo, e l’andamento musicale. Nel caso specifico l’andamento era legato al ritmo travolgente della taranta.
Napoli io non l’ho mai citata direttamente nelle mie cose. Però è sempre presente, fin dalla mia formazione, dal momento in cui ho incominciato a studiare musica. Nell’aria di Napoli c’è questo senso di apertura, di contaminazione. Nessuna città è più “contaminata” di Napoli. Nel ‘600 a Napoli i Turchi nelle piazze ballavano le ‘moresche’ e nella cadenza musicale del dialetto napoletano è presente tutto questo e molto altro.
Una cosa precisa: ai giovani tocca fare quello che non è mai stato fatto prima. Apprendere le nozioni però poi spiazzarci con delle cose nuove. Quando noi creammo la NCCP, facemmo qualcosa di nuovo. Quando scrissi Brigante se more scrissi qualcosa che non era mai stato scritto. Per fortuna il mondo va avanti con dei percorsi che sono delle aperture di orizzonti.
Adesso siamo impegnati con un’intensa tournèe. Però, tra un viaggio e l’altro, trovo il tempo di prendere la mia chitarra, mettermi in disparte e sognare nuove melodie. Quindi sono dei programmi del tutto personali. Riuscire a fare quello che consiglio ai giovani: scrivere cose nuove.
Spero di scrivere ancora cose nuove!
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