Il racconto

L’olivo della Madonna rinasce a Gimigliano per costruire la pace

GIMIGLIANO. In un mondo che corre veloce, in balia del flusso inarrestabile dei social media e delle tecnologie digitali, si rischia di smarrire le proprie radici.

I piccoli paesi, come Gimigliano in Calabria, custodi di un patrimonio culturale inestimabile, si trovano ad affrontare una sfida cruciale: preservare le proprie tradizioni.

Le tradizioni, come alberi dalle radici profonde, rappresentano l’identità stessa di un borgo, il suo legame con il passato, la sua anima. Rinunciarvi significa impoverire se stessi, smarrendo inevitabilmente il senso di appartenenza ad una comunità.

 

 

Gimigliano – Ph. Gianni Donato

 

Gimigliano – Ph. Gianni Donato

 

Olea europaea, varietà leucocarpa – L’olivo della Madonna

 

“Che la Giustizia e la pace scorrano”

La preghiera, il pacato urlo, il monito di Papa Francesco all’apertura del Tempo del Creato per l’anno 2023.

Dal 1 settembre, giornata mondiale di preghiera per la Cura del Creato, al 4 ottobre, festa di san Francesco d’Assisi, credenti e non hanno potuto riflettere e fare proprie le parole del Pontefice. Dalla creazione divina, frutto “di traboccante amore…” fino alla “perdita delle culture umane…”, alla sofferenza “di un’economia di morte, guerra e violenza…”. Parole come macigni, dettate dall’amore del Pastore e dalla saggezza del Ministro, che avrebbero dovuto, considerati i tempi, indurre i grandi della Terra a determinarsi in merito.

Ma “…a coltivare e custodire…” il Suo giardino sono chiamati tutti, e i “piccoli”, nel loro “piccolo”, spesso offrono un contributo che, pur non essendo universalmente decisivo, segna il cuore dei singoli e delle comunità.

Perché basta piantare un albero per “camminare insieme” e far diventare i corsi d’acqua… della giustizia e della pace… un fiume possente su tutta la Terra.

 

Perché… Pianta un albero…

 

Un bimbo per gioco;

un adulto per necessità;

un potente per mostrarsi;

un Uomo di fede per valenze estrinseche e intrinseche;

se, poi, il bimbo, l’adulto, il potente e l’Uomo piantumano insieme un virgulto la collettività vive un indimenticabile momento di socialità, laica religiosità, religiosa laicità;

e se il virgulto ha eccezionali caratteristiche, identificato dalla scienza Olea europaea, varietà leucocarpa, e dalla fede popolare “olivo della Madonna”, l’avvenimento diventa un evento perché la sua “scoperta” rimanda a usi, costumi e riti antichi.

 

È stata l’archeologa Anna Maria Rotella, gimiglianese d’origine, a ritrovarlo.

 

Incipit straordinario.

 

Dalla riflessione di un collaboratore è iniziato il lungo, fantastico cammino che l’ha condotta alla “leucocarpa”. Abituata a immergersi nel buio profondo del passato più remoto, ha affrontato un recupero a cielo aperto con fede solare.

Già dalle prime sfilacciate informazioni Anna Maria aveva intuito l’eccezionalità di una storia eutocica degna di essere approfondita e diffusa dalla sua regione, la Calabria, alle altre, e dall’Italia, perché no, al mondo.

Qualche esemplare era scampato “miracolosamente” alla rovina umana e ambientale.

L’olivo della Madonna, ornamento di Chiese e Santuari noto per la sua bellezza. Una cascata di frutti avorio, colore assunto al momento dell’invaiatura, produce un olio non gradito a tanti palati ma speciale. Secolare alimento per le lampade votive: olio privo dei fumi causa prima di annerimento e danni alle immagini sacre.

 

Nel passato

 

Nell’olio della lampada i fedeli, come ha scritto nel 1829 il Sacerdote gimiglianese D. Domenico Lamannis nella “Gran Madre di Dio”, usavano intingere batuffoli di cotone (bombace) per guarire ferite o alleviare dolori.

Usi, costumi e “fede” popolare si erano smarriti nelle pieghe del tempo e nelle rivoluzioni, da quella elettrica a quella consumistica, relegando in un dimenticatoio collettivo anche le tradizioni “sacre” e ignorando il dettato divino:

il Creato è un prezioso dono da custodire, non da distruggere o piegare a insensate leggi di scriteriato profitto.

Papa Francesco docet.

Ritrovare l’olivo della Madonna ha significato recuperare una parte di noi stessi, della nostra storia, della nostra cultura, della nostra fede e non solo religiosa.

Così di paese in paese, da informazione a informazione, la Nostra archeologa ce l’ha restituito, riscrivendone il percorso e mappando le aree dove è sopravvissuto. Se pure entro contorni sfuocati dal tempo e dall’ignoranza circa il suo significato e uso.

Grazie alla capacità di Anna Maria Rotella, alla rete creata intorno alla riscoperta, all’interesse suscitato, sono sorte numerosissime iniziative. Queste hanno consentito di avviare progetti di ampio respiro sociale promossi e sostenuti anche dall’Archeoclub d’Italia.

 

La Calabria e Gimigliano

 

L’olivo della Madonna ha riaffondato le radici in una Terra, la Calabria, che altrimenti avrebbe continuato a ignorarne l’esistenza antica, sacra alla Vergine quanto, in altri tempi, cara a Pallade Atena che ne aveva fatto dono alla sua regione.

Due Vergini altrimenti “adorate” divise da un mare profondamente blu, solcato da uomini di culture e fedi diverse, ieri come oggi.

 

 

Due sponde per temerari navigatori pronti a sfidare la furia di dei e temperie pur di fondare, dalla costola della minoica Grecia, una Magna Graecia. Boschi, acque, ampi spazi dove tracciare perimetri di giovani poleis per trasferirvi cultura, religione, conoscenza. Terra di uomini “altri” dove approfondire antichi studi e avviarne nuovi.

La contaminazione e l’osmosi tra le Genti arrivano da un passato lontanissimo.  Qualcuno, ignorandole, prova quotidianamente a seppellirle in comuni fosse marine o fermarle costruendo barriere di cemento e filo spinato. Come se tutto ciò bastasse a bloccare il pensare, credere, sognare una vita migliore.

Tanto per non dimenticare che, lungo le coste petrose della Grecia antica, quanto sui declivi che dolcemente raggiungono le marine della Magna Graecia, l’olivo aveva già un suo motivo di essere albero sacro e profano.

La Calabria ha mantenuto, nonostante millenari scempi, l’atavica anima “pura” dove l’olivo della Madonna ha ritrovato il suo ideale habitat.

 

Gimigliano in B/N- Ph. Gianni Donato

 

Un “Piccolo mondo antico”

 

Impossibile non amare la Terra tra i Due Mari. Terra di frontiera, confine naturale tra il divino e l’umano.

Leonida Repaci l’ha cantata nella sua gente, nei suoi paesi, nella sua natura con timbri, toni e colori che solo il “divino” Aedo avrebbe potuto e saputo impiegare. Perché tutto è mutato fuori dal suo animo, non dentro la sua anima.

Difficile non innamorarsene. Diversa e sempre uguale in tutte le stagioni, sotto il cielo di Enotrio o sotto il plenilunio d’agosto.

Gimigliano, snodo di mezzo nella Terra tra Ionio e Tirreno, prossima all’istmo di Catanzaro, quanto alla Sila e al golfo di Scolacium. La natura è stata generosa: rocce ciclopiche, sentieri scoscesi, folta vegetazione.

Cullata dal vento tra due fiumi.

A primavera, un fugace sguardo dalla provinciale, l’antico tracciato tra Buda e Catanzaro, regala “impressioni” che nessun pennello en plain air saprebbe rendere. D’estate il verde che vira lungo i pendii al giallo aridamente solare, ne fa un’oasi. In autunno si illumina dell’oro rosso delle foglie, il loro ultimo respiro la rende straordinariamente viva e preziosa. Anche l’inverno sa donarle fascino: le brume montane, impalpabili antiche velette, sfiorando i campanili, ne celano la misteriosa bellezza.

 

Gimigliano – Ph. Franco Carlino

Il suo fascino diventa poesia se la si guarda con gli occhi del cuore quando, nei tardi pomeriggi d’autunno, profuma ancora di mosto e nelle nere sere invernali di fumo.

Poesia per il cuore, storia per l’intelletto, favola per la fantasia, leggenda sussurrata dallo stormire delle fronde, dalla voce dei fiumi.

E la poesia ha contorni che sfumano nel mistero quanto nella leggenda. Ha scritto Aristotele nella Poetica

“la poesia è cosa di maggior fondamento teorico e più importante della storia; perché la poesia dice piuttosto gli universali, la storia i particolari…” (51b 5-9).

Tanta la storia di Gimigliano, quella che lo studioso Alessandro Calogero ritiene correlabile a geminus “il gemello”. Tante almeno quante le Genti che hanno attraversato il suo decumano e dalle “rughe” si sono affacciate sugli strapiombi rocciosi.

Millenari gli strati del paese con due centri storici: le Motte, Superiore e Inferiore, due anime gemelle, un solo cuore.

 

 

Storia e poetica

 

Ma la storia, riprendendo la Poetica, si occupa dei particolari.

Gli universali sono, secondo il filosofo, propri della poesia alla quale la tradizione greca riconosce due proprietà: insegnare e dilettare.

Poesia “epica” sono le opere di Omero, Iliade e Odissea. E semplice poesia immersa nelle nebbie della leggenda sarebbe rimasta Ilio se Heinrich Schliemann non avesse sin da bambino inseguito un sogno: dimostrare che il canto dell’Aedo aveva un suo fondamento.

Troia prima storia, nascosta sotto ben nove strati di terra, poi leggenda.

Omero aveva reso poesia la leggenda, incantando, seducendo, educando il suo “pubblico” millenario con la leggenda. Schliemann aveva inseguito la leggenda per renderla alla storia.

 

Omero e Aristotele

 

Potrebbe sembrare assurdo ma Omero e Aristotele bene si attagliano a certi momenti particolari del nostro “Piccolo mondo antico”. Bello pensare e sentire la leggenda quale iato poetico della parabola umana e della circolarità storica.

Entrambi ci conducono a quei lidi dove poesia, mito, leggenda diventano alchimie. Alchimie di uomini, fatti, parole che, pur non entrando nell’ufficialità della storia, sedimentano nell’anima, nella mente, ammantandosi di magico.

È l’incantamento proprio della leggenda tramandata di generazione in generazione. Leggenda come poesia, dipinto millenario, scene di vita vissuta o immaginata, ut pictura poesis. Orazio e Jacopo da Varazze sono stati maestri dell’una e dell’altra.

Anche il nostro “Piccolo mondo antico” ha la sua leggenda.

Lo studioso Luigi Antonio Rotella l’ha ritrovata. Bella e attualissima in questi tempi di guerre e stravolgimenti climatici.

 

Cronaca di un evento

 

Gimigliano, sabato 30 settembre 2023, ore 16:00.

La pioggia è incessante, cattiva.

Bisogna che si allontani la nuvolaglia: grava sul paese come ferro sul brunito dell’incudine, lo batte con gocce pesanti quanto un martello.

Scalpitano i protagonisti, attori della propria storia: è la prima “esibizione”. Fremono i Sinafe Medioeval che, approntati cornamusa, percussioni, simphonia, chitarra moresca, organo portativo, flauti, non hanno ancora potuto disporsi sui gradini del sagrato.

 

 

 

Dondola l’edera che incornicia il portale della Chiesa Matrice e le rosee colonne.

La pioggia ha reso più brillanti i colori esaltando la diversità delle materie, le delicate foglie sembrano danzare sul prezioso marmo.

 

 

Finalmente uno scampolo di azzurro, il vento abbassa le sue insolenti ali.

Dopo una breve sosta sul sagrato, durante il quale il banditore informa i presenti della decisione del Dominus, il corteo si avvia lungo il decumano abbellito dalle storiche coperte. Sono opera delle eccezionali maestre di telaio gimiglianesi.

Un giovanissimo portastendardo e un paggio aprono il corteo.

Al Dominus e alla Domina fanno seguito il Gran Ciambellano e consorte, dame e damigelle. I musici precedono e annunciano la corte che dalla Motta Superiore, seguendo l’impervio sentiero dell’Oriata. Unico collegamento tra gli abitati sin dalla loro fondazione, raggiungerà la Motta Inferiore.

 

 

 

Dovuta la pausa davanti alla chiesa dell’Oriata, un gioiellino architettonico, depredata e abbandonata a rovi e sterpaglie, immaginaria “sipala”, steccato, tra i due Centri.

Il crepuscolo rosso-arancio si tinge di altri colori, tonalità e timbri. Sono le note di una musica intensa. Un commovente brano tratto da “Le cantigas de Santa Maria” rende onore alla Vergine che da decenni non “abita” la piccola Cappella. Essa è oramai ricovero di gatti e lucertole. Poche tegole, travi marce. Pioggia, sole, vento hanno completato l’incuria distruttiva dell’uomo. Fra pochi anni anche la pietra verde, vanto di Gimigliano, si confonderà tra i ruderi. I posteri ne ignoreranno la bellezza e il valore esaltati nelle chiese napoletane.

 

Il rullio dei tamburi avvisa gli abitanti della Motta Inferiore che il Dominus sta entrando in piazza.

Ad accoglierlo, sul portale, il Diacono. Strategicamente disposti per importanza e ruolo, i leggendari personaggi del nostro “Piccolo mondo antico” ascoltano attenti la lettura della pergamena srotolata dal Dominus. Al suo contenuto chiaro e deciso fa seguito un tintinnio che accompagna la consegna del forziere al Diacono.

 

È tempo di musica, canti, balli. Inizi la festa, proclama il Dominus. Non più inutili diatribe e ciarle tra i “sudditi” delle Motte Geminae.

 

Secondo la leggenda “ritrovata” da Luigi Antonio Rotella, le due Motte avevano battibeccato lungamente per la campana di cui era priva la chiesa di Iusu. L’oro del forziere avrebbe posto fine alle inutili liti, alle polemiche.

Origine della leggenda il medioevo, nebulosa epoca di uomini, animali, fabulae e “poesia”. Tempo in cui si sono calati gli abitanti di Iusu e Susu, “attori” perfetti per una storia ascoltata tante volte e tante volte ripetuta. Unico il set: le due Motte si prestano per la loro stessa struttura e orografia a far rivivere un medioevale momento di pace.

Questo è quanto ha vissuto il 30 settembre 2023 Gimigliano, il paese delle due Motte, diverso dai tanti centri viciniori, sorto su costoni degradanti a sud tra gli olivi; protetto, a ovest, dalla “Petra ‘e Jiuozzi” uno sperone che si alza, naturale difesa, possente e minaccioso dal fiume fino all’abitato. Ben tre monti, a nord, fanno da quinte allo straordinario paesaggio. Due fiumi, come fossati, abbracciano i centri abitati. Studiosi, storici, ricercatori hanno indagato e stanno ricomponendo la storia di Gimigliano.

Ma la leggenda, colorato e colorito passato remoto, Dominus, forziere, campana, mezzi e strumenti di “pace” tra le Motte, ha avuto un più interessante e “universale” seguito.

 

Costruiamo la Pace – 1 Ottobre 2023, ore 10:00, Basilica di Porto

 

Parlare, scrivere, pensare la Pace è sempre più difficile in questa epoca di “conflitti” vecchi e nuovi, di rancori, rivalse. La pace è affidata spesso alla buona volontà di pochi quanto al disinteresse e all’interesse di molti.

Una voce si è alzata inconfondibile e decisa: Francesco I, l’unico Uomo in grado di coniugare Papato e Pace, non dunque Uomo di sola fede, speranza e carità. A Papa Francesco ha guardato e pensato Gimigliano: dalla campana, segno e suono di Pace, all’olivo simbolo, per antonomasia, di Pace.

A Papa Francesco si è rivolto il coro Santa Maria Assunta chiedendo di poter piantumare a Suo nome, presso la Basilica di Porto, l’olivo bianco della Madonna, la dimenticata specie ritrovata da Anna Maria Rotella. Grazie alla risposta positiva del Pontefice, dall’olivo e da una leggenda Gimigliano ha potuto vivere due giornate “storiche”, all’insegna di un dettato morale, civile, religioso.

Tra storia e religione

 

Se con la poetica rievocazione della Campana della Pace le Motte hanno sancito la fine delle baruffe, con la messa a dimora del giovane “olivo della Madonna”, ribattezzato “olivo di Papa Francesco”, nei giorni della Tutela del Creato, hanno dato il loro piccolo ma significativo contributo alla costruzione della Pace.

Nella tiepida domenica d’autunno domina ancora il verde nel Piano di Porto, area in cui nel 1446 Alfonso d’Aragona aveva permesso di istituire una fiera, secondo le ricerche di Alessandro Calogero.

I fedeli hanno preso posto nella Basilica quando 80 piccoli cantori accolgono Don Claudio Maniago.

Sui loro cappellini e sulle t shirt spicca il logo “l’Olivo di Papa Francesco”. Il Vescovo Maniago, alter ego del Santo Padre per l’evento, si unisce a loro prima della Missa solemnis. La musica, i canti, l’omelia di Don Claudio, come ama farsi chiamare, danno voce alla preghiera di Papa Francesco.

Creato, Pace, Giustizia i temi declinati, perfetta sintesi di amore uomini e natura.

 

 

Se le parole del Vescovo conquistano i grandi, il Suo sorriso ammalia i piccoli che accompagnano con il canto la benedizione dell’olivo e l’interramento. Ai brevi toccanti messaggi di Don Claudio, del Colonnello dei Carabinieri Nicola Cucci, Comandante del Reparto Biodiversità, della Sindaca Avv. Laura Moschella, fa eco la commozione dei presenti.

L’olivo bianco, emblema carico di frutti, e Papa Francesco accoglieranno chi, cercando ristoro e quiete, si fermerà o passerà per la Valle di Porto.

Giuseppe Iacopino, straordinario artista gimiglianese, ha intagliato il bianco busto di Bergoglio e inciso su una “chianca”, pietra levigata e stondata dal Corace, le Sue parole “Che la giustizia e la pace scorrano”.

Segue una allegra ressa, il badile passa di mano in mano: si vuole colmare la buca quasi a fermare disastri e guerre.

È tempo di sedersi, ritemprarsi e ascoltare la musica dei Sinafe Medioeval che hanno allestito un vero e proprio villaggio medioevale: giochi e balli, prima di partecipare al convegno dove storici, studiosi e ricercatori, credenti e laici, si confronteranno.

 

 

 

Non ci si poteva fermare, considerata la storia di Gimigliano, alla leggenda, all’albero-simbolo che lungo il viale fra qualche anno con la sua candida cascata arricchirà la tavolozza arborea e floreale del Piano.

L’evento e la giornata meritavano di avere un momento di conclusione dove il ritrovato olivo bianco avrebbe potuto coniugarsi alla devozione per la Vergine di Costantinopoli, rozzamente riprodotta nella sghemba cona dell’antica chiesetta, e alla storia della città mariana. Il nostro Piccolo mondo antico.

 

Gli illustri ospiti hanno dato vita a un importante simposio, reso ancora più interessante dagli interventi del pubblico.

 

Anna Maria Rotella, Alessandro Calogero, Mario Arcuri, Luigi Antonio Rotella, Tiziana Carlino, con la mediazione del giornalista Saverio Artirio, hanno contribuito ad arricchire di nuove tessere il composito mosaico dei “fatti” gimiglianesi.

Ma altro si potrà scoprire e scrivere: il 30 settembre e il 1 ottobre 2023 sono stati solo uno spartiacque tra un ieri ancora da indagare e un domani che potrebbe regalare altra storia e storie.

 

 

Al tramonto, tocchi di colore, rintocco dell’Ave e note musicali avvolgono Basilica e Piano.

La Banda musicale SS. Salvatore chiude i due giorni che il “Piccolo mondo antico” ha dedicato alla Pace.

Che senso ha parlare di Pace nel mondo se nei nostri cuori non vi è Pace?

Sembra dire il bianco Bergoglio di Peppino con il suo sorriso. Le ombre lunghe annunciano la sera: si può tornare casa più sereni, convinti che Giustizia e Pace possano scorrere anche da Gimigliano nel mondo.

Grazie Papa Francesco.

 

Ringraziamenti

 

Un sentito, doveroso grazie a quanti hanno sostenuto la realizzazione degli eventi, improvvisati protagonisti-attori della nostra storia antica e recente, dal medioevo alle pacchiane, ai briganti non sempre così “malvagi” come raccontati.

Non si procederà in ordine alfabetico o di importanza ma con la semplicità che caratterizza i momenti corali della comunità in cui si vive, il “posto del cuore” che come “Il posto delle fragole” di Bergmaniana memoria riesce a legare passato e presente ma, a differenza del film, vuole proiettare nel futuro sentimenti e progetti.

Grazie ai tanti gli sponsor, impossibile elencarli tutti, dentro e oltre la colorata e allegra cornice che ha esaltato il programma.

Grazie:

alla Presidente Associazione “Madre Teresa, una matita nelle mani di Dio”;

al Presidente dell’Associazione “Croce Bianca”;

al Presidente dell’Associazione FIDAS-FDC “G. Caputo”;

al Direttore della Banda SS Salvatore;

Grazie:

alle costumiste;

alle acconciatrici;

alle/ai fiorai per gli addobbi;

Grazie:

alle Maestre dei Cori, soprattutto quella dei più piccoli;

Grazie

allo studio tecnico per le pratiche amministrative;

Grazie

all’autore del logo.

Di Nina Fabiani – testo raccolto da Marianna Addesso

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di Marianna Addesso

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