Categorie: Cultura

Un occhio sulla Certosa di Padula: intervista ad Antonella Carucci

PADULA. Si è da poco concluso il 4° Simposio Internazionale di scultura svoltosi presso la Certosa di San Lorenzo, dal 7 al 18 maggio. Un evento che celebra l’arte della scultura realizzata con la famosa pietra locale.

Protagonisti della kermesse gli scultori Antonella Carucci e Emanuele Stifano, che in una settimana hanno realizzato due opere per celebrare la Certosa e la pietra di Padula.

Conferenza Stampa di presentazione

 

Antonella Carucci ha realizzato l’opera dal titolo Anche l’occhio vuole la sua parte, ispirandosi al famoso scalone a chiocciola dell’edificio mentre Emanuele Stifano rende omaggio al “Martirio di San Lorenzo” di Tiziano con la sua opera San Lorenzo.

Stifano è anche l’autore della particolare e, all’epoca, assai controversa statua della Spigolatrice, che dal settembre del 2021 campeggia sul lungomare di Sapri.

Incontro Antonella Carucci per farmi raccontare la genesi della sua opera, ma soprattutto il suo grande amore per la scultura, che possiamo dire, nasce assieme a lei.

Leggendo l’intervista capirete il perché.

Chi è Antonella Carucci?

Attualmente insegno arte a Caggiano.

Ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Scultura a Carrara. Questo perché fin da piccola sono cresciuta “nella polvere” (il padre Luigi fonda assieme al fratello Antonio, la Marmi Carucci srl, a Caggiano, nel 1980 N.d.R.). Figlia di scalpellino, dunque, in cerca di un posto dove imparare qualcosa in più su quest’arte . Ho visitato Carrara ed è stato amore a prima vista: con le sue cave, i suoi blocchi di marmo enormi, che mi hanno fatto sentire a casa.

Lì eravamo letteralmente immersi nelle cave. Sono rimasta a Carrara 8 anni; dopo la laurea ho conseguito la specializzazione per insegnare.

Nel frattempo, frequentavo un corso serale, dalle 18 alle 22, presso un Istituto Professionale del posto dove mi sono avvicinata alle varie tecniche di scultura.

Mentre in Accademia era tutto basato sul fattore teorico e creativo, un posto dove studi, inventi e crei le tue cose, al corso abbiamo imparato le tecniche di scultura più antiche. Per esempio la tecnica di scultura utilizzata dal Canova.

Era tutto un altro tipo di percorso, più pratico e molto bello perché potevi lavorare con i vari macchinari tipo il tornio o la fresa. Un bell’ambiente dove, come pure in Accademia, c’erano studenti di tutto il mondo.

Tra l’altro lì ho conosciuto anche mio marito che dalla Sicilia era venuto a Carrara a studiare, proprio come me.

In seguito ho frequentato anche un biennio con un maestro mosaicista, di mosaico pavimentale e ho potuto lavorato anche in alcuni siti archeologici. Sono stati anni formativi veramente intensi e produttivi.

Ho cercato di imparare quante più cose possibili.

Appena conclusa la mia formazione, ho insegnato in alcuni licei artistici tra Potenza e Maratea fino poi ad avvicinarmi di più a casa.

Nel tempo libero, avendo la possibilità di poter lavorare con il marmo nella marmeria di famiglia, ho sempre continuato a produrre sculture, a creare pezzi miei, ma anche pezzi artigianali su committenza.

Fino ad arrivare alla partecipazione al Simposio e alla realizzazione dell’opera Anche l’occhio vuole la sua parte

 

Esatto. Gli organizzatori cercavano una scultrice che fosse in grado, in una settimana, di realizzare un’opera scultorea. Di tirare fuori, da un blocco di pietra locale, qualcosa che a Padula si ispirasse e che celebrasse il paese, assieme al suo materiale e alla sua Certosa (La certosa di San Lorenzo a Padula è patrimonio UNESCO dal 1998 N.d.R.).

Un tempo a Padula esistevano molte cave di pietra; ancora adesso si continua ad estrarne. Giovanni Cancellaro, uno dei promotori dell’evento, appartiene a una delle famiglie proprietaria dell’ultima cava rimasta. 

Emanuele e io siamo stati accompagnati proprio da Giovanni a scegliere in cava i due blocchi di pietra con cui lavorare. E tra centinaia di blocchi abbiamo scelto i nostri.

A differenza di Emanuele, che si è ispirato a un dipinto, in me ha prevalso la passione per l’architettura. Mi son detta: “Devo tirare fuori qualcosa di originale, ma che si ispiri alla maestosità dell’edificio!” La scelta è caduta sulla scala elicoidale, con i suoi 38 scalini incastrati, autoportanti e monolitici. In pratica sia il cordolo che l’alzata e la pedata sono tutti un unico blocco di pietra, una costruzione davvero affascinante.

Ho quindi generato questo “occhio” nella cui iride ci sono proprio gli scalini raffigurati. Anche nella palpebra riprendo un po’ la forma sinuosa della scalinata. Se la si ripercorre con la mano si intuisce lo stesso tipo di curvatura del cordolo.

Ci ho infine inserito lo specchio che da qualche anno è, diciamo così, un mio personale marchio di fabbrica, la mia firma. L’ho già inserito in altri miei lavori, per un motivo ben preciso.

Mi piace che chiunque si trovi davanti alla mia opera, scatti una foto e ne divenga parte integrante. Sto infatti raccogliendo tutte le foto, i selfie fatti “allo specchio”, perché ogni persona possa rappresentare un prolungamento dell’opera stessa. D’altronde, se non c’è nessuno ad osservarla, un’opera d’arte rimane lì, immobile, fine a se stessa.

Mi piace che l’osservatore non rimanga spettatore passivo, ma che tra lui e ciò che sta osservando si instauri una reale interattività.

Quest’occhio che “riflette” ha colpito proprio tutti

Sì, è stato veramente molto apprezzato sia dagli addetti ai lavori che dalla gente in generale.

Ho ricevuto molti complimenti e di questo sono contenta.

Anche il Ministro Gennaro Sangiuliano, che l’ha visto ancora in divenire ed è stato colpito dall’intuizione da cui sono partita, e il Critico d’Arte Vittorio Sgarbi, invitati all’evento, hanno speso parole molto lusinghiere verso il mio lavoro. A loro ho mostrato i bozzetti e ho raccontato da dove sono partita e dove volevo che la mia arte arrivasse, quali corde volevo che toccasse e quali emozioni potesse suscitare.

Con mia enorme soddisfazione sono stata invitata dal Ministro ad esporre a mia opera anche a Roma, al Ministero.

Vittorio Sgari ha invece posto l’accento su quanto sia raro trovare una donna scultrice, anche solo per una questione di fisicità. Il materiale con cui abbiamo a che fare è comunque abbastanza pesante da maneggiare. Simpaticamente, guardandomi, mi ha chiesto se avessi la forza necessaria. Gli ho risposto che la mia forza parte da dentro, dalla passione che metto nel mio lavoro.

Oltre alle persone che sono venute a visitare le opere, mi sento di ringraziare i “Monaci Digitali”, un gruppo di ragazzi che hanno preso un’ala abbandonata della Certosa, l’hanno ripulita e messa a posto per ospitare chiunque abbia bisogno di uno spazio per lavorare, per studiare, anche solo per riflettere.

Sono loro che ci hanno ospitato durante la settimana di lavoro.

Il loro intendo è ricreare in chiave moderna ciò che era la vita dei monaci: un ora et labora 2.0 dove lavorare e riposarsi. Hanno anche allestito dei piccoli orti da far coltivare ai ragazzini più piccoli.

Anche l’occhio vuole la sua parte: da dove nasce, invece, il titolo dell’opera?

L’opera resterà in Certosa, dunque il “mio” occhio ha trovato la “sua” parte!

Allo stesso tempo, ognuno di noi, specchiandosi nella scultura, riesce a ritrovare una parte di sé, decisamente contenuta in essa stessa.

Una sorta del famoso “In the future everyone will be world-famous for 15 minutes” di ‘warholdiana’ memoria, insomma?

Esatto! Proprio quello!

Ogni intervista che si rispetti termina sempre con la fatidica domanda: progetti per il futuro? Cosa c’è in cantiere?

Ho un sacco di mie opere incompiute che sono letteralmente “parcheggiate” nel mio garage. Primo step sarà certamente quello di completarle tutte.

Fino ad ora, vuoi per carattere, vuoi per insicurezza giovanile, mi è sempre mancata quella spinta necessaria per mostrare in giro le mie opere. Ora sento che il momento giusto è giunto e dunque mi auguro, nel giro di un anno, di poter realizzare una mia monografica personale.

La risposta positiva di tanta, tantissima gente che ha apprezzato il mio lavoro, persino amici che non sentivo da anni e che mi hanno inondata di telefonate e messaggi per congratularsi, mi ha dato lo stimolo giusto.

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di Marianna Addesso

Marianna Addesso

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