Alessandrina, eroina dei Moti del Cilento. A colloquio con l’autrice Mariella Marchetti
Con Mariella Marchetti, giornalista, scrittrice e docente di lettere, parliamo di “Alessandrina, bella e indomita eroina tragica del Cilento”, Galzerano Editore, la sua ultima fatica letteraria.
Alessandrina è una storia che viene da molto lontano e ci racconta le amare vicende di Alessandrina Tambasco, eroina dei moti cilentani del 1828.
Gli insorti si ribellavano ai Borbone e chiedevano la Costituzione e l’abolizione della tassa del sale.
“Alessandrina é nata a Montano Antilia nel 1791, la tradizione dice che era una donna bellissima, purtroppo non abbiamo neppure un ritratto.
E’ una donna benestante, moglie di Pietro Bianchi, segretario del Comune di Montano Antilia.
Abita nel suo palazzo e si accorge di quello che sta succedendo in Cilento, della rivolta che parte da Bosco e arriva a Palinuro, di quei duecento insorti che si stanno organizzando e si mette in gioco, dà anch’ella il suo contributo”.
“Non partecipa con azioni violente, né maneggiando armi, ma semplicemente cucendo delle coccarde bianche per gli insorti. Un distintivo affinché si potessero sentire uniti e prepara loro da mangiare.
Alessandrina pagherà un prezzo altissimo. Sconterà dieci anni di carcere, a Salerno e poi a Ponza.
Il marito morirà in carcere, la madre e le sorelle saranno imprigionate.
Il fratello Vito verrà condannato a morte dalla repressione del generale Del Carretto, sarà decapitato e la sua testa verrà esposta.
“La conoscevo en passant, l’ho conosciuta meglio grazie a una chiacchierata con un’amica di Montano Antilia che mi ha chiesto di scrivere qualcosa su di lei.
Questa figura mi ha appassionato tantissimo e ho pensato di farne un monologo.
“Su di lei fu gettato anche lo stigma di donna dai facili costumi.
Le rovinarono la vita anche dal punto di vista della reputazione e della moralità. Quello stigma è arrivato fino ai nostri giorni”.
“Davanti al suo palazzo a Montano Antilia c’è una targa in cui se ne ricorda il sacrificio. Nel libro la riporto in foto.
Mi sembrava doveroso riabilitare la figura di questa donna e soprattutto porgerla in forma agile. Ho pensato al monologo per presentarla ai giovani che oggi sono poco inclini alla lettura”.
“Ho cercato di calarmi, di immedesimarmi in questa donna e di far uscire tutto il sentimento femminile.
In carcere pensa al figlio, alla casa violata. Poi, dopo dieci anni ritorna.
Esce claudicante dal carcere. E aspetta che arrivi Garibaldi.
Si dice che preparò per lui un pane profumato la cui la ricetta è rimasta segreta”.
“E’ una donna che stravolge la propria condizione economica e sociale, si mette in discussione per i diritti e per la libertà, per difendere i poveri.
Quindi un personaggio che andava assolutamente raccontato, paragonabile ad un’eroina della tragedia greca”.
“Sono tantissime le eroine che si ribellano alla guerra, ai mariti.
Pensiamo a Le Troiane, pensiamo a Medea”.
“Il Cilento aveva bisogno di conoscerne la storia. E poi ci tengo a dire che questo libro è tutto al femminile perché interagiscono quattro donne.
Ho scritto per riabilitarla, per farla conoscere ai giovani e per rappresentarla.
A tal fine ho avuto già qualche proposta di rappresentazione.
Anche nella mia scuola, il liceo classico “Parmenide” di Vallo della Lucania per la festa della donna.
Una brava alunna interpreterà Alessandrina e parleremo di donne con tutte le domande e tutti i dubbi che le ragazze e i ragazzi porteranno”.
“La copertina è stata curata Francesca Paola Mondelli che è un architetto.
Non avendo un ritratto di Alessandrina abbiamo riproposto le maioliche che si trovano a Bosco, paese che fu bruciato dai Borbone.
Si tratta di 196 maioliche di José Ortega che fu esule a Bosco e in esse raccontò le fucilazioni degli insorti. Furono tutti decapitati e le loro case incendiate.
L’altra donna é Luisa Cavaliere che ha scritto la prefazione, una donna che ha lottato tantissimo per i diritti delle donne e ha capito subito lo spirto di questo libro.
Poi c’é Alessandrina e poi sono io”.
“C’é un abisso perché i ragazzi non conoscono la storia e la microstoria come questa dei moti cilentani. Un tassello della grande storia che ci ha portato alla Costituzione e alla libertà.
L’ abisso é enorme perché non si possono immaginare le condizioni di vita nel 1800 in Cilento, soprattutto la condizione della donna che era massimamente penalizzata, sia che essa vivesse una condizione umile sia che fosse un’aristocratica”.
“In famiglia non credo, ma su di lei cade lo stigma e l’accusa di essere l’amante del Galotti, un rivoltoso.
Dicono che si intrattiene con i rivoltosi, che li ospita in casa.
Viene discriminata perché donna e punita in maniera persecutoria.
Le viene persino negata la pensione con la futile motivazione di non aver presentato domanda in carta bollata, nonostante avesse contribuito al miglioramento della società e dei diritti di tutti”.
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