C’é ancora Domani. Il film della Cortellesi diseducativo e dal finale sbagliato
Avevamo tutti una gran voglia di cambiare canale, se solo avessimo potuto.
Più volte ho provato, per un riflesso condizionato, a cambiare canale.
Ma le dita andavano a vuoto su un telecomando presente solo nella mia immaginazione.
Più volte sono stata tentata di uscire da quella sala cinematografica.
Avevo una gran voglia di lasciarla in fretta per liberarmi dalla violenza delle scene, dell’ambientazione, della fotografia, dei dialoghi, dei silenzi, del non detto.
Il film di Paola Cortellesi “C’é ancora domani” é cupo e non educa.
L’ansia mi ha presa fin dalle prime scene di violenza gratuita e vigliacca di Ivano (Valerio Mastandrea). Il maschio forte che picchia senza ragioni e senza pietà.
“C’é ancora Domani”
Ma, esistono uomini così malvagi? Sono esistiti? Esisteranno?
Purtroppo sì e non andava data loro la scena nemmeno per biasimarli.
Non a caso gli antichi romani praticavano la damnatio memoriae.
Squallido é anche il personaggio di Sor Ottorino (Giorgio Colangeli), un vecchio usuraio, il suocero di Delia (Paola Cortellesi) che si finge malato.
Un verme che suggerisce al figlio tiranno violento di non picchiare la moglie tutti i giorni, ma di farlo “una volta al mese, ma in mode forte” perché così “impara la lezione e se la ricorda”.
Così aveva fatto il vecchio Ottorino con la moglie morta suicida.
Come può risolversi una quotidianità fatta di pugni, di spintoni, di calci, di botte ad ogni occasione subiti, sempre subiti da Delia?
Stupisce l’incapacità della protagonista di rispondere con la violenza alla violenza.
Delia non alza mai le mani, non si arrabbia mai, non risponde mai, non reagisce.
Alle vittime di violenza va insegnata la difesa, non la resa incondizionata.
Anche un film può indicare una strada, una soluzione, le giuste tutele, le giuste alleanze, che pur presenti nel film, il soldato americano, l’amica, Delia non sa vedere.
C’é ancora domani?
Il bello é che anche nell’immediato dopoguerra esistevano soluzioni alla violenza di genere e queste andavano presentate nel film.
Nei racconti del Novecento il marito violento spesso deve fare i conti con il padre o con i fratelli della vittima.
Altre volte la vittima si ingegna e in qualche modo reagisce: fugge o colpisce nel sonno il mostro che le vive accanto.
Pene esemplari per il marito violento ci sono sempre state, andavano raccontate per dare forza e coraggio a chi, ancora oggi, subisce.
E non basta che Delia sia il mandante dell’incendio del bar – scelta che aggiunge violenza alla violenza -, non basta la consegna al futuro di un incerto riscatto.
Non basta il denaro dato alla figlia per farla studiare, denaro che ha risparmiato facendo tutti i lavori del mondo, sottopagata e umiliata perché donna.
Non basta attendere il riscatto domani e la soluzione non é tutta nel voto alle donne, né, purtroppo, nello studio.
Il diritto al voto non equipara la donna al maschio che resta, in taluni contesti, padrone e despota, forte della forza fisica, anche 77 anni dopo quella legge giusta.
E non avremmo più donne ammazzate da compagni e mariti fra le mura domestiche. Ammazzate adesso..
Per il riscatto non basta il voto, una camicia nuova e un filo di rossetto.
E’ necessario, ancora oggi, insegnare alle donne a difendersi dal mostro, a fuggire via.
Ma l’opera é campione di incassi.
E’ evidente che le logiche dello star system sono altre.
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