EBOLI. #Max30 #HITSONLY, il tour di Max Pezzali, arriva al Palasele di Eboli (SA) con tutto il suo carico di ricordi, suoni e colori.
Festeggiati i trent’anni di carriera, lo scorso luglio, con due serate/concerto a Milano, allo stadio San Siro, il tour di Max Pezzali si è spostato nei Palasport e da novembre fa incetta di sold out.
Anche a Eboli si è aggiunta una seconda data dopo il tutto esaurito della prima, a poche ore dall’apertura del botteghino. Due serate in cui noi boomer abbiamo potuto prenderci la rivincita sulle nuove generazioni e sui loro autotune sparati nelle orecchie.
Ed eravamo proprio in tanti l’altra sera: diversamente giovani, urlanti e saltellanti, al ritmo delle canzoni degli 883.
Sì perché nonostante Max Pezzali abbia con successo e da tempo fissato il suo nome nella discografia italiana, per noi “quelle” canzoni hanno un numero tatuato sopra ed è un numero a tre cifre.
Da “Nord Sud Ovest Est” a “Come mai”, da “Gli Anni” a “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”: due ore piene, effetto karaoke, mentre dai maxi schermo passano foto di motorini, zainetti, walkman e primi telefonini.
Immancabile il “deca”, la mitica diecimila lire, che ad ogni sua apparizione suscita un certo moto di tristezza e che Max sfoggia persino su una delle camicie/diario che raccontano la sua e la nostra storia.
Vivevamo in una città piccola. Non c’era ancora Internet, quindi non sapevamo che cosa succedesse nel mondo in tempo reale. Ma avevamo già intuito qualcosa riguardo quella che oggi voi chiamate friendzone.
Racconta Max: ed ecco che partono le note de “La regola dell’amico” e il pubblico non si fa trovare impreparato.
Siamo le ultime generazioni cresciute senza social, senza collegamenti immediati che ti fanno andare da Napoli a New York con un click; siamo anche gli ultimi rappresentanti e custodi delle serate estive, seduti sulla sedia impagliata del bar, a gustare un “cuore di panna”. Ci manca la lentezza, ma siamo riusciti a fare nostra la moderna velocità, senza che essa ci abbia sopraffatti.
Boomer sì, dunque, ma di un certo livello: a cantare a squarciagola “Hanno ucciso l’Uomo Ragno, chi sia stato non si sa…”.
Un tuffo nel passato per chi, come me, 30 anni fa, si chiedeva chi avesse avuto l’ardire di ammazzare quel supereroe in calzamaglia che aiutava sempre le persone in difficoltà.
Un secolo dopo, e senza più un deca in tasca, l'”assassino” è ancora a piede libero e noi non abbiamo mai smesso di chiederci chi sia il colpevole.
Però:
Nessun rimpianto, nessun rimorso… soltanto certe volte capita che
NAPOLI. Chi l'avrebbe mai detto che una ciabatta nei reni potesse far ridere così tanto?…
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