Gli ebrei a Campagna nel racconto dello storico Rubino Luongo
Rubino Luongo, docente prima, dirigente scolastico poi, é un intellettuale appassionato, attento conoscitore delle vicende della storia e della microstoria, autore di numerose pubblicazioni.
E’ un piacere ascoltarlo raccontare i grandi e i piccoli eventi in cui Campagna si ritrovò protagonista al tempo delle scellerate leggi razziste.
Il campo di internamento di Campagna fu istituito, come tutti gli altri quaranta circa aperti nelle regioni italiane, per dare applicazione alle leggi razziali approvate nel luglio del 1939 dal regime fascista.
Su proposta del Prefetto di Salerno fu scelto il sito di Campagna come quello più sicuro, collocato fuori da importanti vie di comunicazione ed accessibile per un solo ingresso facilmente controllabile.
I primi internati vi furono deportati nel giugno del 1940.
I cittadini di Campagna non ebbero percezione di quello che stava per accadere agli Ebrei in Italia e in Europa.
E quando vi furono giunti i primi internati, la prima reazione fu di sgomento misto ad un moto spontaneo di solidarietà.
Gli abitanti di Campagna non avevano piena coscienza delle leggi razziali, lontani com’erano dai mezzi di comunicazione.
Ed anche in seguito, pur essendo rimasto l’evento nella memoria collettiva, hanno preso piena coscienza della sua portata storica e di come la popolazione ne fosse stata coinvolta soltanto a seguito della pubblicazione (1992) del libro di Goffredo Raimo su Giovanni Palatucci.
Furono messi a disposizione due ex conventi dismessi, quello della Concezione già degli Osservanti e quello dei Domenicani di S. Bartolomeo.
In circa tre anni vi furono ospitati ogni anno circa 150/300 internati.
Provenivano prevalentemente dai Balcani e dall’Europa centro-orientale, ma non mancarono nemmeno gl’italiani.
Gli Ebrei a Campagna godettero di molta libertà, tanto è vero che le autorità fasciste se ne lamentarono persino a Roma.
Inizialmente dovevano rispondere all’appello tre volte al giorno, ma in seguito l’adempimento si ridusse ad una sola chiamata.
All’entrata del paese vi era una striscia gialla che in teoria non dovevano oltrepassare.
In realtà la oltrepassano senza difficoltà per recarsi finanche al campo sportivo a giocarci delle partite di calcio.
Ricorda che erano persone colte: ingegneri, medici, professori, musicisti, artisti. Insegnavano le lingue straniere ai giovani campagnesi ed uno di essi per tre anni suonò persino l’organo della cattedrale.
Alcuni di essi, i più facoltosi, abitavano in appartamenti privati.
Due di essi sposarono ragazze di Campagna.
Ricordo che mio nonno materno Michelangelo Urgo aveva un figlio malato di ulcera sanguinante.
Avendo interpellato senza apparente risultato i medici locali, pensò anche di rivolgersi ai medici ebrei, ma ciò gli fu consentito solo dopo esserne stato autorizzato dal questore di Salerno.
Per il resto, per quanto fossi un bambino assai piccolo, ricordo ancora il prodigarsi degli internati attorno al rogo innalzato a P. zza Sant’Antonio per cremarvi i poveri resti delle vittime del bombardamento alleato del 17 sett. 1943.
Erano gli stessi internati appena sfuggiti alla retata nazista dopo l’8 settembre (avvertiti da ambienti campagnesi e finanche con la collaborazione di coloro che ne dovevano impedire la fuga), discesi dalle montagne dove si erano rifugiati.
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