Colesterolo: tutto quello che serve sapere.
Il principio della “non classificazione degli alimenti” (già trattato nel primo articolo della rubrica Nutrirsi Bene) è applicabile a tuti gli effetti a qualsiasi molecola o sostanza contenuta nel cibo.
Come diceva il saggio Paracelso: è la dose che fa il veleno!
Neppure il tanto temuto colesterolo sfugge alla regola del saggio medico svizzero ed è giunto il momento di chiarirsi le idee su questa molecola troppo spesso bistrattata.
Si tratta di una molecola appartenente alla categoria dei lipidi (ossia i grassi), e già questa sua natura farebbe storcere il naso a molti inesperti in nutrizione.
Tuttavia, il colesterolo è una molecola fondamentale per la funzionalità del nostro complesso organismo.
Si tratta, infatti, di un componente indispensabile delle nostre membrane cellulari ed è il “padre” (i biologi direbbero “precursore”) di importanti molecole dalle molteplici funzioni, quali vitamina D e numerosi ormoni steroidei.
Esiste, ovviamente, anche la sua funzione meno buona.
E’ ormai risaputo che l’eccessiva presenza di colesterolo nel sangue è indice di alto rischio cardiovascolare.
Una corretta alimentazione è in grado di contrastare un accumulo eccessivo di colesterolo nel sangue?
La risposta è notoriamente sì!
Ciò che è meno noto, invece, è saper scegliere gli alimenti adatti ad ottenere il risultato sperato.
Non è una novità dire che i cibi a maggior contenuto di colesterolo sono i cibi grassi di origine animale (carne rossa, formaggio, salumi, burro, uova etc..).
Eppure ciò che bisogna sapere è che potrebbe non essere sufficiente una drastica riduzione dei suddetti alimenti per ridurre il livello di colesterolo.
La motivazione consiste nel fatto che il colesterolo circolante nei nostri vasi sanguigni ha una doppia provenienza:
un terzo proviene dall’alimentazione (assunzione esogena), mentre i restanti due terzi (dunque la maggioranza del colesterolo) sono direttamente prodotti dal nostro caro fegato (produzione endogena).
Qui viene il bello!
Un’alimentazione equilibrata può venirci in soccorso più di quanto si possa immaginare.
L’alimentazione interviene, seppur con meccanismi differenti, sia sull’assunzione esogena sia sulla produzione endogena.
Per quanto riguarda la prima, sarà sufficiente non abusare di cibi ricchi di colesterolo, e questo è il motivo per cui molti nutrizionisti raccomandano di limitare il consumo di uova intere a un massimo due o tre per settimana.
Per quanto riguarda, invece, il colesterolo prodotto dal nostro fegato, bisognerà fare dei pasti a medio-basso indice glicemico.
In altre parole, è doveroso limitare anche (e forse di più) i cibi contenenti zuccheri semplici o eccessivamente ricchi di amido come bibite zuccherate, dolciumi, pane bianco, riso bianco e, purtroppo, anche l’amatissima pizza.
La spiegazione è da ricercare nel fatto che il fregato costruisce colesterolo su stimolo dell’insulina che, a sua volta, aumenta proporzionalmente al quantitativo di zuccheri presenti nel pasto.
Il trucchetto c’è!
Per abbassare l’assorbimento degli zuccheri è buona norma inserire sempre una discreta quantità di verdure all’interno dei pasti principali (pranzo e cena).
Dunque, se preferiamo mangiare un bel piatto di riso, allora meglio unire ad esso i carciofi o i funghi.
Se mangiamo del pane, allora sommiamolo a un consistente piatto di verdura verde (spinaci, broccoli, scarola, bietola etc..).
L’errore più frequente consiste nel concentrarsi esclusivamente sulla riduzione o eliminazione dei cibi animali grassi (salumi, uova e gli altri).
In questo modo si interviene soltanto sull’assunzione esogena (un terzo del colesterolo) trascurando il grosso della battaglia (i due terzi derivanti dalla produzione endogena).
In altre parole, non ha alcun senso ridurre il consumo di uova settimanali o astenersi dalla carne rossa e dai salumi, se poi non eliminiamo il pane dalla nostra dieta e mangiamo spesso dolci e pizza!
La suddivisione in colesterolo buono (HDL) e colesterolo cattivo (LDL) esiste, ma è una divisione riguardante unicamente l’aspetto metabolico.
Che vuol dire? Che riguarda i processi che il colesterolo subisce una volta ingerito (per quanto riguarda quello alimentare) o prodotto (per quanto riguarda quello sintetizzato dal fegato).
Dunque, che a nessuno venga in mente di scegliere un alimento piuttosto che un altro in base a un presunto quantitativo di HDL o di LDL!
è pur vero che alcuni cibi aiutano il nostro organismo ad aumentare i livelli di colesterolo buono (HDL) a discapito della sua controparte malefica (LDL).
Tra i principali alimenti degni di merito vi sono sicuramente le noci e, a seguire, i legumi e i prodotti derivanti dalla soia (fagioli di soia, latte di soia etc..).
Tra questi ultimi, spicca la lecitina di soia, reperibile in commercio anche sotto forma di pratica polvere che è consigliabile sciogliere in acqua o yogurt in occasione della colazione.
Quando l’alimentazione non basta
Purtroppo, a volte seguire le indicazioni appena riportate potrebbe non essere sufficiente e, nonostante l’impegno, il colesterolo resta alto.
Questo inconveniente è spesso causato dalla cosiddetta “ipercolesterolemia familiare”.
Di cosa si tratta?
E’ una condizione genetica per cui il fegato tende a produrre molto colesterolo nonostante tutto (la causa biochimica è una anomalia di un enzima).
I suggerimenti alimentari valgono anche e soprattutto per i soggetti affetti da questa condizione spiacevole dal momento che, non controllando l’alimentazione, il quadro finirebbe con l’aggravarsi ancor di più.
In molti casi, a chi soffre di ipercolesterolemia familiare viene suggerito di assumere un farmaco specifico i cui principi attivi sono molecole appartenenti alla famiglia delle “statine”.
Spiacevolmente, queste molecole presentano come effetto collaterale (specialmente se assunte per lunghi periodi e alti dosaggi) un danno muscolare.
Per salvaguardare le membrane muscolari da tale effetto, è utile assumere anche un integratore a base di (alternativamente detto ubichinone) per tutto il periodo di cura con le statine.
Esistono anche buoni integratori a base di riso rosso che, tuttavia, gli esperti suggeriscono di assumere soltanto per brevi periodi dal momento che un impiego prolungato sembrerebbe disturbare la funzionalità pancreatica.
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