Parma – La storia del pizzaiolo Vincenzo Falcone comincia male, anzi malissimo, ma finisce bene, anzi benissimo.
La storia inizia in Costiera Amalfitana, luogo d’incanto per i visitatori, ma posto di duro lavoro per i suoi contadini, che lì sgobbano per sopravvivere fra monti aspri, muri di pietre, valloni scoscesi e forre, di fronte al perenne spettacolo del mare, che li osserva indifferente.
Nella notte del 25 ottobre del 1954 la più grave alluvione che abbia colpito in terra salernitana travolse le case, i poderi e le vite della Costiera.
Tramonti, paesino lì in mezzo ai dirupi, proprio più in alto, dopo Ravello, anche lui patì dell’enorme distruzione.
Tutto o quasi tutto andò giù a mare trascinato dalla forza della pioggia, caduta incessante per una notte intera. Chi sopravvisse rimase senza casa né terra, senza lavoro e senza pane.
Erano gli anni della grande emigrazione dei meridionali poveri verso un nord che prometteva lavoro ed arricchimenti.
Così a decine, raccolte le povere cose, uomini e donne presero il loro treno della speranza e partirono per il nord: per tanti posti del nord.
Erano abituati a lavorare insieme sulla loro terra. Erano contadini non operai.
Sapevano dividersi il lavoro fra uomini e donne e pure coi figli, spalla a spalla ogni santo giorno, prima del pasto frugale della sera, raccolti tutti insieme.
Quindi non divennero operai, ma decisero di continuare insieme, donne e uomini, senza perdersi di vista, quell’avventura tanto paurosa e difficile.
Lì, alla fine, fecero l’unica cosa che a chiunque ha figli e famiglia viene facile da fare: si misero a cucinare. Anzi si ricordarono dei loro forni a legna dove cuocevano il pane, che gli veniva benissimo, e si misero a produrre la cosa da mangiare più famosa al mondo, almeno come i panini di Mac Donalds’: la pizza, orgoglio della Campania.
Quelli erano gli anni giusti nel nord d’Italia per chi aveva voglia di lavorare e voleva guadagnare.
Tutto andava a gonfie vele ed i soldi entravano in tasca di chi non mollava mai.
E i nostri contadini di Tramonti non mollavano mai.
Non avevano mollato sulla terra dura della costiera fra dirupi e sassi, figuriamoci fra le nebbie del nord.
A tarda notte quando l’ultimo avventore era andato via tiravano fuori le brandine e dormivano fra i tavoli della sala, ch’era pure la loro casa, sognando i clienti del giorno dopo.
Piccoli uomini e donne, molto dimessi, si affannavano dietro al caldo di un forno e servivano quelle forme di cibo rotondo, che si chiamava pizza, e che per niente somigliava agli abituali risotti e anolini.
Poi le cose cambiarono. Dicono che la pizza abbia un fascino particolare, quasi una droga, che non si può dismettere.
La pizza divenne un piatto forte nel nord Italia, per i bambini colle mamme, per un corteggiamento popolare, per un gruppo d’amici con la voglia di divertirsi in modo informale. Tutti in pizzeria.
Così quei locali speciali si moltiplicarono da poche decine finirono per diventare migliaia.
Qui, ora, la storia da tragica, poi drammatica, diventa felice, gioiosa e perché no: molto ricca. Un Happy end da favola.
Quei piccoli e miseri contadini di Tramonti da poveri emigranti erano divenuti quasi tutti ricchi imprenditori, con una, due, tre e poi altre pizzerie ancora per ogni famiglia.
Oggi non c’è città o paese nelle regioni d’Italia che non ne abbia una sua.
In questo ci sembra esemplare la figura di Vincenzo Falcone emigrato da Tramonti con la famiglia nei primi anni settanta.
Il pizzaiolo Enzo Falcone in Emilia ha infornato non migliaia ma centinaia di migliaia di pizze, tutte prodotte pensando a quanto di bello e di buono offriva della sua terra alla gioia dei nuovi estimatori.
Così con i parenti ha iniziato a costruire una realtà solida che oggi è un orgoglio dell’economia locale.
Così, anche grazie al suo successo il paese di Tramonti l’hanno ricostruito. O meglio hanno ricostruito le varie frazioni, lontane una dall’altra, di cui è composto.
Ogni anno ovviamente, lì, c’è la festa della pizza.
Sarebbe meglio dire della pizzeria perché quella rete diffusa ovunque di ristorazione mediterranea dà lavoro a migliaia di discendenti di quei primi coloni della cucina.
Un giorno si sarebbe potuto dire ch’era una Fiat nascosta.
Oggi che la Fiat è lontana, sono rimaste le migliaia di pizzerie, che danno certezza di vita ai figli di quegli emigrati.
Forse quei ragazzi non torneranno più a Tramonti, ma quel piccolo paese è lì a ricordarci per sempre quanto i loro padri hanno fatto, nel silenzio distratto dei potenti.
Alla fine quei contadini hanno saputo arricchire, prendendo forza dalla bellezza e dai valori della terra d’Amalfi, quella comune identità che ci fa sentire tutt’insieme italiani.
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