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Donato Coppola, il lucano che inventa il bello, torna a Pisticci Scalo con un grande progetto

Andare via a volte é una necessità, tornare é un bisogno, più forte della necessità. E il ritorno ha sempre il sapore della festa,  per chi é andato e per chi é rimasto. E’ un po’ così la storia del lucano Donato Coppola, genio italiano al servizio del bello nel mondo.

Per presentarlo basta dire che Officina Coppola ha l’ufficio a Londra in Great Western Studios e la  produzione a Pisticci Scalo,  Tecnoparco in via Pomarico, a 45 chilometri da Matera.

 

 

Si può dire che sei un interior designer?

“Sono un artigiano che in trent’anni ha affinato l’occhio e ha preso le vesti dell’artista. Creiamo delle arti che poi applichiamo al designer.

Ho fatto esperienza di interior design, per vivere creo installazioni e mobili.  Collaboriamo con i designer, figura preponderante nel mondo anglosassone. Collaboro alla creazione di istallazioni che vanno su yacht, case private,  alberghi, case di moda. Un po’ dappertutto.

Naturalmente i tuoi clienti sono top class?

“Sono abbastanza agiati”.

A vent’anni te ne sei andato a Londra, perché proprio Londra?

“Un po’ per caso, come accade a vent’anni. Vai dove conosci qualcuno, noi terroni facciamo così”.

Quando un progetto è ben fatto?

“Il contesto e i presupposti possono essere svariati, di solito c’è un tema, un concetto, la visione di un’installazione o di un inserimento. Non si tratta di periodi architettonici. Quando lavori per le case di moda c’è la filosofia del brand, c’è il capo più emblematico. Quello che ho fatto con Fendi: il capo emblematico era un po’ la pelliccia.

Adesso sto lavorando con Tiffany a New York e il colore contraddistingue Tiffany, penso a quel blu chiaro, particolare.

C’è sempre un contesto culturale che sconfina nel gusto e nell’elaborazione dell’idea. Si tratta di essere contestualmente originali, freschi e nuovi. Si sconfina nell’arte anche negli sfondi sociali”.

 

Quanto c’è di te negli spazi che disegni?

“Tutto quello che faccio nasce dal mio istinto e dalle mie memorie, poi viene strumentalizzato dai vari designer e contestualizzato, ampliato, ristretto. Le persone con le quali collaboro sono, spesso, molto sensibili, molto colte.  Ogni progetto é un’avventura e una sfida, ma portate a livelli molto alti”.

 

Hai fatto studi specifici oppure ti sei inventato da solo?

 

“Dovevo lavorare, a Londra ero senza soldi. Ho fatto lavori quasi macabri. Quando proprio finivo i soldi facevo il barman. Ho pulito le cucine di un ospedale.

Ero da tre anni a Londra quando ho avuto il piacere di incontrare un architetto italiano che poi é diventato un artista contemporaneo.

Ho fatto un anno e mezzo con lui, poi sono rientrato in Italia, in Veneto, per affinare le arti tradizionali. Sono tornato a Londra e ho aperto la mia prima compagnia.

Avevo 25 anni”.

 

Qual é l’elemento d’arredo che  non può mancare?

“Trovo intrigante il coffe table, il tavolino basso perché  é condiviso e può portare ricordi conviviali, di amicizia. E’ lì che appoggi il bicchiere quando parli con un tuo amico”.

Hai una tua filosofia?

“Non ce n’é. Sono molto passionale, viscerale.

Non sono un intellettuale anche se leggo abbastanza.

I concetti vengono sempre da intuizioni,   possono essere  dettate da artisti contemporanei e non, dalla letteratura, da associazioni incrociate intellettuali e culturali”.

 

Funzionalità e bellezza, possono andare insieme?

“Molto di rado. In tutti questi anni credo di aver conosciuto tanti bravissimi interior designer, da Peter Marino in New York ad Alberto Pinto a Parigi.

Quello che mi hanno insegnato é che quando entri in una casa qualsiasi oggetto, qualsiasi arredo deve farti sorridere.

Spesso sono strani, per esempio un tavolo non é quattro gambe e un top, ma cinque gambe e metà top.

Ho avuto la fortuna di imparare tante cose da persone  molto sofisticate”.

 

Qual è stata la richiesta più bizzarra che hai ricevuto?

“Spesso non so chi é il cliente finale, i principali attori siamo noi e il designer.

Il cliente delega tutto a noi.

Non ho ricevuto richieste insolite, ho ricevuto richieste molto articolate e insolite nel risultato finale.  Non facciamo multipli, ogni progetto é unico”.

 

 

A cosa stai lavorando adesso?

“Per un palazzo reale a Doha,  il palazzo dell’emiro. Faccio due o tre stanze.

Sto facendo la camera da letto di una barca molto grande, questa é la produzione di oggi.

Dovremmo iniziare Tiffany tra pochissimo. E poi lavoreremo per uno chalet a Gstaad, sulle Alpi, tra i boschi, sempre per Peter Marino.

Immagina che il proprietario dello chalet é italiano e vive a Montecarlo, il designer sta a New York e noi siamo qui, a Pisticci Scalo”.

Che cos’è il bello per te?

“Il bello é quando l’animo, la vista, tutti i sensi si riempiono di sensazioni. Quando resti a guardare più di un secondo una cosa”.

 

Il tuo prossimo progetto?

“Da quando mi sono spostato a Pisticci Scalo cerchiamo di  creare qualcosa di interessante nella nostra zona, nel Sud Italia.

I progetti che sto facendo e che verranno, anche se sono sempre tutti interessanti, fanno parte un po’ della routine.

Il mio progetto bello é includere quanti più giovani possibile, approfittando di quelle che voi chiamate competenze”.

 

 

 

 

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di Ornella Trotta

Ornella Trotta

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