Terranova di Pollino – Ha scritto due libri, “Dalla tavola lucana al paradiso” e “Cibando Alighieri Dante” , é il teorico della cibosofia, il racconto dei territori attraverso i piatti, organizza eventi gastronomici legati al mondo della religione.
La Luna Rossa di Federico Valicenti é a mille metri d’altitudine, nel cuore del Parco Nazionale del Pollino, proprio dove la strada finisce.
Chef Federico é menzionato dai severissimi ispettori di Guida Michelin, Gambero Rosso e Osterie d’Italia.
“Sono un geometra, non ho frequentato la scuola alberghiera. Con un mio amico pizzaiolo, che adesso non c’é più, ci inventammo un lavoro a Terranova. Poi lui mi lasciò solo.
Sono un amante dello slow life, dello slow food, dello slow wine.
Tutto ciò che é lento mi appartiene.
Rifuggo dalla cucina povera perché la cucina povera non esiste.
Sono alla ricerca della cucina legata agli eventi cosmici, ai simboli dall’incredibile ricchezza gastronomica.
Rifuggo dalla cucina casereccia, quella del Dopoguerra, della fame atavica. Mi piace andare alla ricerca di culture antiche”.
“Mia madre da piccolo mi faceva la crema pasticciera.
Mio padre era mulattiere e mia madre gli tagliava il culetto del pane, lo scavava e lo farciva con peperoni, pomodoro, uova e salsiccia. La ciambotta fritta, un piatto che propongo sempre, così racconto anche del mio papà”.
“Alla colazione”.
“Purtroppo sono una grasso salato, amo molto i formaggi, ma sono a dieta. Adesso prendo qualche frollino”.
“Non ho un piatto forte, ma tutti mi chiedono, la coscia della zita.
Un cosciotto di agnello cucinato a fuoco lentissimo.
Veniva regalato allo sposo come piatto finale perché esisteva lo ius primae noctis.
La prima notte di nozze la sposa andava con il conte e lo sposo mangiava la coscia della zita”.
“Fresella con pomodoro, buon olio, origano e peperoncino”.
“Le testine di capretto e di agnello.
Ho mangiato di tutto, anche il coccodrillo e l’orso, ma le testine non riuscirei mai a mangiarle”.
“I sapori di contrasto, per esempio la cipolla e l’uva sultanina, la cicoria e l’uva passita. Un sapore esalta l’altro.
La sera della vigilia di Natale metto nove cose mescolate insieme.
Ognuna esalta l’altra, sono patate, baccalà, cipolla, uva sultanina, fichi secchi, olive nere, noci, pomodori e uovo”.
“Mia nonna diceva che la Madonna, prima di partorire, bussò a nove case e ognuno le diede qualcosa di tondo per aiutarla.
“Perché Gesù non ama le spigolosità”.
“L’olio buono”.
“Bello, perché anche l’occhio vuole la sua parte, e variegato.
Deve avere più sapori in uno senza che nessuno copra l’altro.
Non amo molto cucinare con aglio e cipolla.
Quando faccio il ragù metto solo carne e un po’ di vino buono”.
“Studio e scrivo. Mi piace scrivere la storia del cibo. Vado alla ricerca di formaggi particolari”.
“Certo. I cuochi, a volte confondono il lenzuolo con la tovaglia. In fondo é vero, le cose buone o fanno ingrassare o sono immorali. A me piacciono le cose buone”.
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