Incuriosito dall’imponente e grigia struttura sita in Rue de la Regence, entrai nel museo di belle arti di Bruxelles per scoprire che quell’austero palazzo conteneva un sistema museale che spazia dai maestri antichi (quindicesimo secolo) fino ai calibri di Rodin, Van Gogh e Magritte.
L’allestimento interno è particolarmente curato e luminoso, permette ai visitatori di godere intimamente delle singole opere dove il surrealismo di Magritte convive con l’art noveau e i prodromi dell’interior design degli oggetti di arte decorativa, partendo dal genio di Bosch, Bruegel, Rubens, Van Dyck e Tiepolo.
Rimasi colpito da una tela in particolare, opera di Charles Hermans, considerata uno dei suoi capolavori: “L’alba” (1875).
L’opera, nelle sue dimensioni (2,50m x 3,20m), è di certo impatto visivo; l’artista, rifletto, si proponeva che venisse guardata, che non potesse sfuggire ad un osservatore distratto o, peggio, venisse relegata in secondo piano.
Non intendo sbilanciarmi in analisi artistiche, è però mio desiderio condividere alcune riflessioni che questa tela mi suggerì, nella considerazione che venne realizzata in un momento storico particolare per l’Europa e per l’Italia, quando, con la sconfitta della Francia nella guerra franco-prussiana (1870-1871) e la nascita dell’impero tedesco (1871), si tracciarono i primi segni degli squilibri che portarono allo scoppio della prima guerra mondiale.
La scena rappresentata si impone dinamica e potente; il mio sguardo si posa sulla coppia centrale, un uomo e una donna vestiti tanto elegantemente, nel taglio e nella ricercatezza dei tessuti e degli abiti, quanto ubriachi e scomposti nelle movenze e negli atteggiamenti. La dama in verde cerca di sorreggersi al suo accompagnatore così scompigliato nella forma e nell’espressione, che l’osservatore si convince della sua prossima caduta a terra, richiamata anche dal mazzo di fiori simili alla tonalità del vestito di lei, quasi a voler rispondere ad un’ipotetica legge di attrazione fisica dei corpi. L’artista sembra indicarmi la sporcizia accatastata al bordo della strada, quasi mi suggerisce un punto di partenza dal quale rettificare con un filo a piombo la scena, indicando nella perpendicolare altri uomini e donne egualmente raffinati nel vestire e nell’eccedere ai vizi, segni distintivi di una elevata classe sociale. Tra questi mi colpisce un uomo, abbracciato da un morbido cappotto di pelliccia, lo sguardo basso; incuriosito provo a cercare nei dettagli dell’opera se abbia dimenticato qualche cosa, se stia guardando l’orologio per ritrovare la cognizione del tempo; invece credo sia imbarazzato, per lo spettacolo che offre di sé in antitesi a ciò che invece dovrebbe rappresentare ai protagonisti principali della scena, la legione di persone operose che, incuranti dell’alba e del freddo, si stanno incamminando per raggiungere i loro luoghi di lavoro.
Essi paiono sospesi, cristallizzati ed amareggiati di fronte allo spettacolo offerto dall’alta borghesia; attendono di riprendere il cammino evitando, nella loro volontà, di confondersi sdegnati con un ambiente che non appartiene loro. Ma il solco che divide i due gruppi in questa scena non è materiale, è morale.
Da un lato abbiamo delle persone che in modo compito e austero sono pronte di buon mattino ad affrontare una giornata di lavoro che si preannuncia lunga e faticosa, come testimoniano i vestiti che indossano; si tratta di abiti e attrezzi da lavoro, modesti nella loro essenziale natura, ma non cenciosi né sporchi come ci sottolineano gli zoccoli del ragazzino e il vestito del falegname in primo piano. Anche la donna che accompagna quest’ultimo nell’ordinarietà del suo vestito e nella semplicità della sua acconciatura diffonde dignità e compostezza che inibiscono lo sguardo e la baldanza dell’avventore impellicciato.
Oltre ad una lettura materiale e statica, questa opera mi ha suscitato una lettura più dinamica, che prende avvio anche nel titolo. L’alba, dipingendo un’eterna alternanza di chiaroscuro con la notte, che si contrappone a quest’ultima nell’eterno avvicendarsi delle fortune umane, definisce nell’immaginario anche un nuovo inizio, trova i lavoratori che sono pronti ad affrontare la quotidianità operando materialmente e si oppongono alla notte di una classe che si è smarrita nelle blandizie delle rendite e dell’inoperosità. Calando l’opera nel contesto storico in cui fu realizzata, non possono sfuggire i riferimenti alle differenti etiche: quella protestante rappresentata dal ragazzino fiammingo (gli zoccoli e le fattezze del viso) e quella latina evidenziata dal ricco benestante in primo piano.
Il momento stesso in cui l’artista sceglie e decide di rappresentare i due mondi è l’attimo in cui due realtà apparentemente inconciliabili si confondono nella fine e nell’inizio, in un uroboro che può assumere valore di paradigma.
L’opera venne accettata non senza clamore, perché i temi affrontati erano e rimangono attuali. Non possiamo evitare di riflettere sul valore dell’etica del lavoro, sull’importanza delle capacità produttive dell’uomo e di come esse costituiscano la base del benessere collettivo e sociale; per contro, la ricerca degli agi e del comodo benessere, ancorché ammantati di raffinata eleganza, perdono ogni valore costruttivo, assumendo toni disgregativi. Forse ci vuole invitare a trovare un equilibrio prima che l’edonismo si trasformi in valore, annullando ogni spinta creativa nella spasmodica ricerca alla soddisfazione immediata che a sua volta diventa compulsione. In particolare, volendo trasportare l’alba di Hermans ai tempi odierni, noi potremmo assistere allo sdegno dell’economia reale che, nel processo produttivo figlio della ricerca e dell’ingegno costituisce le fondamenta della coesione e del benessere della società, osserva l’economia finanziaria mentre disgrega, delocalizza e segmenta nella volatilità degli indici di borsa.
Per approfondire le possibilità artistiche offerte dal museo reale di belle arti di Bruxelles: https://www.fine-arts-museum.be/en
Nel pomeriggio di ieri i Carabinieri del Comando Provinciale di Salerno hanno celebrato la VirgoFidelis,…
NAPOLI. Chi l'avrebbe mai detto che una ciabatta nei reni potesse far ridere così tanto?…
Sarà Diventare umani (Becoming Human) il filo conduttore della 55esima edizione del Giffoni Film Festival, in…
Il Sindaco Conte vince al Tar la battaglia in difesa dell’ospedale di Eboli. Pubblicata…
Salvatore Forte racconta il Giappone e la fine del gemellaggio tra Salerno e Tono di…
Bilancio, progetti, assunzioni, tutte le news dalla Banca Monte Pruno, intervista a Michele Albanese, direttore…
Leave a Comment